Corrono in aiuto della madre (e non solo durante la gravidanza) le cellule
staminali del feto.
Se la donna incinta è malata di epatite virale, molte
cellule staminali del bambino si trasformano in cellule epatiche per poter
rigenerare il fegato materno. Se la gestante ha un infarto, parte delle
cellule staminali del feto si trasferiscono nel corpo della madre e diventano
cellule miocardiche. Insomma, in caso di emergenza, le cellule staminali
del feto attraversano la placenta e si mettono a disposizione dell'organismo
materno.
Non hanno certo la capacità di ricostituire l'intero tessuto
malato. Ma bastano a guarire piccole lesioni. E dimostrano che il feto
non è un parassita nel grembo della madre", spiega il professor Salvatore
Mancuso, del Policlinico Gemelli. Ad individuare
cellule staminali del feto nel corpo della madre è stata, in Usa,
Diane Bianchi, figlia di italiani, professoressa di
Pediatria e Genetica al Massachusetts General Hospital di Boston.
A una donna in gravidanza è stato asportato un gozzo tiroideo e l'intervento
ha rivelato che il 50 per cento delle cellule tiroidee della donna proveniva
dal bambino. Cellule staminali del feto si erano trasformate in cellule
tiroidee per tentare di sostituire le tiroidee malate della madre. Insieme
con altri Centri, l'équipe del Gemelli sta cercando di scoprire le più
profonde ragioni biologiche che spiegano la trasformazione delle cellule
staminali del feto in cellule della tiroide, del fegato o del cuore della
mamma. Perché migrano e si trasformano queste cellule? Prima di tutto,
per far sì che l'organismo materno tolleri la presenza del bambino, che
è un organismo estraneo (per il 50 per cento contiene patrimonio genetico
di provenienza paterna). Inoltre, proteggendo la salute della mamma, il
feto accresce le probabilità di completare il proprio sviluppo. Le staminali
del bambino si dirigono nel midollo osseo materno, lo colonizzano e rimangono
lì per tutto il resto della vita della donna. "La madre avrà sempre
nel suo organismo le cellule staminali del figlio. Ne deriva che le donne
conservano l'unità del patrimonio genetico dell'umanità", commenta il
professor Mancuso.
Convegno alla Cattolica: le staminali
del figlio «curano» la madre durante la gravidanza
Il ginecologo: «attraversano la placenta
e riparano gli organi malati»
ROMA - Fa bene la futura mamma ad accarezzarsi il pancione. Un gesto d’affetto
e di ringraziamento verso il bambino che ancor prima di nascere si prende
cura di lei. Proprio così. Fin dai primi giorni di vita il piccolo essere
in sviluppo rilascia delle cellule staminali che oltrepassano la placenta,
penetrano nell’organismo materno e fungono da soccorritrici, per anni,
andando a sistemarsi laddove sono necessarie. Ad esempio nel cuore se
la donna ha l’infarto, o nel fegato se ci sono problemi epatici. «Queste
cellule inviate dal feto si specializzano e sono rintracciabili anche
dopo 30 anni perché si posizionano in vari organi formando delle chimere,
una ricombinazione di cellule madre-figlio», spiega Salvatore
Mancuso, ginecologo dell’Università Cattolica,
riassumendo studi divulgati nel recente convegno di genetica a Praga.
Un’altra delle inesplorate potenzialità delle più primordiali fra le nostre
cellule, le staminali, corteggiate dalla scienza perché attraverso di
esse si spera di mettere a punto terapie per malattie degenerative per
le quali oggi non c’è soluzione, come Parkinson, cirrosi epatica, Alzheimer,
Corea di Huntington, infarto del miocardio
Le staminali sono cellule indifferenziate che riproducendosi hanno la
capacità di trasformarsi in vari tipi di cellule specializzate, come quelle
cardiache, nervose, della pelle o del cervello. Queste cellule sono presenti
in gran numero nell’embrione materno: è dimostrato infatti che durante
la gravidanza il feto invia le proprie cellule staminali alla madre e
che queste intervengono in suo soccorso collocandosi nei tessuti danneggiati
da una patologia per ristrutturali e rigenerarli.
Il prof. Salvatore Mancuso a questo proposito ha parlato delle cellule
staminali che l'embrione "passa" alla madre nel corso della gravidanza:
ne sono state ritrovate ancora a 30 anni di distanza da quell'evento,
collocate in punti dove la donna aveva delle lesioni o dove avrebbe in
seguito sviluppato una patologia.
... Le cellule staminali sono presenti in gran numero nell’embrione materno,
infatti, è risaputo che durante la gravidanza, il feto è in grado di "inviare"
le proprie cellule staminali alla madre e che queste possono ristrutturare
e rigenerare i tessuti danneggiati da una patologia ...
Intervista a Diana Bianchi sullo strano ruolo delle staminali fetali
28/04/2005
è una donna, negli
Stati Uniti, ad aver scoperto che in natura la sperimentazione sulle cellule
staminali embrionali è già molto più avanti rispetto a quella che si conduce
in modo tanto tormentato nei laboratori di ricerca. Si chiama Diana Bianchi
e ha chiare origini italiane: il cognome è quello del padre, emigrato
a New York da San Colombano al Lambro (in provincia di Milano) nei primi
anni cinquanta.
Alcune cellule fetali rimangono nel sangue materno
per molti anni (fino a 27) dopo la gravidanza. E non restano solo nel
sangue; a quanto pare si ritrovano anche in alcuni organi della madre
e con un ruolo quanto mai singolare: quello di indispensabili pezzi di
ricambio.
Come è possibile che cellule del feto resistano
così a lungo nel sangue materno?
Queste cellule hanno le caratteristiche tipiche delle cellule staminali: hanno
la capacità di riprodursi rapidamente; normalmente restano nel sangue,
nel midollo osseo o nella milza, ma se c'è bisogno possono recarsi in
un organo malato e ripopolare.
Cosa significa "ripopolare"?
Significa che possono essere utilizzate come materia prima per rigenerare parti
dell'organo. Per esempio, noi abbiamo studiato donne, madri di figli maschi,
con malattie alla tiroide. Nella parte sana dell'organo le cellule fetali
(riconoscibili perché di tipo maschile) restano nel sangue, ma nella parte
malata le stesse cellule si trasformano in cellule della tiroide, per
curare la lesione. La tiroide diventa così una sorta dichimera, formata
da un miscuglio di cellule d'origine materna e fetale. Dal mio punto di
vista, questa è la prova evidente che le cellule fetali hanno un ruolo
nel riparare le malattie della madre.
E se fosse il contrario? Non potrebbero essere le
cellule fetali a creare il danno?
Ce lo siamo chiesto. Nei topi
abbiamo incrociato femmine e maschi modificati con marcatori genetici
che rendessero riconoscibili le cellule fetali e abbiamo poi indotto danni
corporei alle madri. Le cellule fetali si recano dove si induce la lesione
ed esprimono geni specifici.
Abbiamo anche cercato le cellule fetali nei
tumori e ne abbiamo trovate poche. Sempre in quantità tali da far pensare
che non siano state loro a creare il tumore. C'è chi sostiene che queste
cellule possano essere all'origine di malattie autoimmuni, più frequenti
nelle donne che negli uomini. Non è mai stata trovata alcuna prova di
questo, anche se in alcuni casi sitrova un aumento delle cellule fetali
in donne affette da malattie autoimmuni. Noi riteniamo che le cellule
fetali si trovino lì perché stanno reagendo contro il processo patologico,
non perché lo stanno causando.
In sostanza più effetti positivi che negativi?
Noi la pensiamo proprio così: si tratta di un dono naturale che la madre
riceve con la gravidanza. E dato che la gravidanza è molto impegnativa
in termini fisici (il feto deve essere nutrito a lungo, il parto comporta
perdita di sangue), è bello credere che vi sia un tornaconto. Anche da
un punto di vista evolutivo si può pensare che qualsiasi feto "desideri"
che la propria madre sopravviva, per cui è sensato che esistano meccanismi
per assicurarne la salute.
Questo potrebbe anche spiegare perché le donne sono
più longeve degli uomini?
Ce lo siamo chiesto: in quasi tutti i paesi
del mondo le donne vivono più a lungo degli uomini, ma perché? Nessuno
realmente lo sa. Nessuno si è mai posto la domanda se ciò riguardi tutte
le donne o solo quelle che hanno avuto figli.