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La Sclerosi Multipla informazioni, approfondimenti e news dalla ricerca

La ricerca sul Naltrexone Low Dose (LDN)  
La beta-endorfina potrebbe avere un ruolo nella "downregulation" del processo infiammatorio nella Sclerosi Multipla

Gironi M et al, J Neurol Neurosurg Psychiatry 2003; 74:495-497

I Ricercatori del Dipartimento di Neuroscienze dell'Ospedale San Raffaele di Milano hanno verificato l'esistenza di una possibile associazione tra le concentrazioni della beta-endorfina, una sostanza oppioide endogena, e l'eterogeneità del decorso clinico della Sclerosi Multipla.
Sono state misurate le concentrazioni di beta-endorfina nelle cellule mononucleari del sangue periferico ( PBMC ) in 50 pazienti in differenti fasi della Sclerosi Multipla.
Un totale di 39 pazienti sono stati sottoposti a RMI del distretto cerebrale.
Le più alte concentrazioni di beta-endorfina sono state trovate nelle cellule PBMC dei pazienti con Sclerosi Multipla recidivante remittente, mentre le più basse nei pazienti con forme progressive della malattia.
I risultati dello studio indicano che la beta-endorfina può avere un ruolo nel ridurre il processo infiammatorio alla base della Sclerosi Multipla.



Maira Gironi, MD; Vittorio Martinelli, MD; Elena Brambilla; Roberto Furlan, MD; Alberto E. Panerai, MD; Giancarlo Comi, MD; Paola Sacerdote, PhD

Arch Neurol. 2000;57:1178-1181.


CONTESTO: È stato riportato che il peptide per gli oppiacei beta-endorfina (BE) ha effetti imunosoppressivi. L'interferone beta (IFN-beta) è una ben confermata terapia per la SM ma, i meccanismi immunologici sottostanti i suoi effetti benefici nella SM sono solo parzialmente ignoti.

OBIETTIVI: Determinare o livelli di BE nelle cellule mononucleari del sangue periferico (PBMCs) di pazienti con SM RR durante differenti fasi di attività della malattia ed i possibili effetti modulanti del trattamento con IFN-sulla sintesi di BE delle PBMC nei pazienti con SM.

DISEGNO: Abbiamo misurato i livelli di BE in campioni di sangue raccolti da 6 pazienti con SM che non avevano avuto cambiamenti clinici nei precedenti 3 mesi (pazienti con SM stabile) e da 7 pazienti con SM durante rucadute cliniche. Abbiamo anche sorvegliato i livelli di BE in campioni di PBMC di 8 pazienti con SM prima del trattamento e per 6 mesi dopo l'inizio della somministrazione di IFN-beta. Il gruppo di controllo era di 13 soggetti sani.

RISULTATI: bassi livelli di BE nelle PBMC sono state rilevate nei pazienti con SM stabile ed in quelli che iniziavano il trattamento con IFN-beta, se comparati con i soggetti di controllo. L'aumento delle concentrazioni di BE erano osservati nei pazienti con SM che avevano una ricaduta clinica, se comparati con i pazienti con una SM stabile. Durante il trattamento con IFN-beta, i livelli di BE nei campioni di PBMC di pazienti con SM aumentavano significativamente (dopo 1 mese, P =.02; dopo 3 mesi, P =.007; e dopo 6 mesi, P =.16).

CONCLUSIONI: Una riduzione dei livelli di BE era presente nei pazienti con SM clinicamente inattiva. Il trattamento con IFN-beta sembra indurre un aumento questo oppiaceo nelle PBMCs di pazienti con SM. L'aumento delle concentrazioni di BE durante una ricaduta clinica può rappresentare un possibile meccanismo di controllo volto a controbilanciare le fasi infiammatorie della malattia.


RISULTATI DEL TRATTAMENTO CON NALTREXONE A BASSO DOSAGGIO IN PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA PRIMARIAMENTE PROGRESSIVA.

E’ stato recentemente completato e pubblicato sulla rivista scientifica “Multiple Sclerosis” uno studio randomizzato in doppio cieco di fase 2 che ha valutato la efficacia, sicurezza e tollerabilità di un farmaco chiamato Naltrexone in individui affetti da Sclerosi Multipla Primariamente Progressiva.

Come già segnalato in precedenza, il Naltrexone è un antagonista semisintetico degli oppiacei, registrato in Italia ad una dose di 50 mg. come trattamento per la dipendenza da eroina ed alcool. Se somministrato a dosaggi piu’ bassi (5 mg.), ed assunto la sera prima di coricarsi, il farmaco è in grado di esercitare una azione agonista sui recettori oppiacei e di determinare un incremento del rilascio di oppioidi endogeni, che includono anche le beta endorfine. Tali molecole hanno una potenziale duplice azione benefica nei confronti della malattia: da un lato, infatti, si ritiene abbiano una azione immunomodulante ed anti-infiammatoria, e dall’altro vi sono evidenze (in verità aneddotiche) di una azione sintomatica del farmaco nel ridurre la spasticità, il dolore e la fatica, e nel migliorare la qualità di vita dei malati.

Lo studio ha reclutato 40 individui affetti da Sclerosi Multipla Primaria Progressiva che sono stati seguiti per 6 mesi di trattamento. Tali individui, 19 uomini e 21 donne, avevano una età media di 53 anni,

età media di esordio della malattia di 40 anni, ed un livello di disabilità misurato secondo la scala EDSS all’ingresso dello studio di 5.5.

Il principale obiettivo dello studio è stato quello di valutare la sicurezza del farmaco. Vi sono stati cinque pazienti che non hanno completato lo studio (“drop-outs”) per diversi motivi, che includono due eventi avversi maggiori non risultati però imputabili al farmaco (1 caso di tumore del polmone diagnosticato in corso di studio ma pre-esistente all’inizio dello studio, ed 1 caso di insufficienza renale acuta in un individuo affetto da una patologia nefrologica chiamata rene policistico).

In generale, dunque, il farmaco è stato ben tollerato e non ha determinato eventi avversi maggiori  chiaramente imputabili al farmaco. Gli effetti collaterali piu’ frequenti sono stati la comparsa di agitazione (12.5% dei pazienti), una alterazione degli esami ematologici generalmente transitorio e prevalentemente a carico delle cellule del sangue e degli enzimi epatici (35% dei pazienti), ed una infezione delle vie urinarie (20%). I suddetti eventi avversi sono scomparsi alla interruzione del farmaco.

Per quanto riguarda i dati di efficacia, il farmaco ha determinato un miglioramento statisticamente significativo a carico della spasticità, che risultava alla fine dello studio ridotta in 18 pazienti, stabile in 16 e peggiorata in 4 pazienti. Inoltre, il farmaco ha evidenziato un effetto benefico anche a carico del tono dell’umore e della qualità di vita percepita dai pazienti, anche se i risultati necessitano di una conferma su un maggior numero di pazienti. Il sintomo della fatica è risultato invariato, con un valore mediano all’ingresso sovrapponibile a quello alla dimissione da parte dei pazienti. Anche il dolore non è stato modificato dall’utilizzo del farmaco, nonostante ci si aspettasse un beneficio a carico di questo aspetto. Il miglioramento a carico della spasticità e del tono dell’umore si è mantenuto anche alla visita di follow-up a 4 settimane dalla interruzione del farmaco.

E’ stata effettuata anche una misurazione dei livelli di beta-endorfine nel sangue, che ha evidenziato che i pazienti trattati con il farmaco hanno presentato un incremento dei livelli di beta-endorfine nel sangue. Tale riscontro rappresenta la prima dimostrazione in vivo di una efficacia da parte del farmaco nell’aumentare i livelli di beta-endorfine sieriche, e ne potrebbe spiegare l’efficacia.

In ultimo abbiamo valutato la eventuale influenza di fattori genetici sulla risposta al farmaco, al fine di potere meglio identificare i candidati ideali per il trattamento. I risultati hanno pero’ evidenziato che la variabilità di risposta al farmaco non sembra dipendere dalla variante genetica di recettore per la molecola oppioide e nemmeno dalla quantità di recettore prodotto.

Visti i promettenti risultati ottenuti, stiamo programmando uno studio multicentrico di fase III che coinvolga un maggior numero di soggetti affetti da Sclerosi Multipla primaria progressiva al fine di confermare i dati di efficacia ottenuti e di valutare l’eventuale ruolo del farmaco come agente sintomatico, in particolare sui sintomi della spasticità e del tono dell’umore. L’obiettivo è inoltre di studiare se il farmaco sia in grado di rallentare la progressione della malattia in un periodo di trattamento ed osservazione piu’ lungo.

Un ringraziamento alla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (FISM), che ha finanziato questo studio; ai centri partecipanti (Centro Sclerosi Multipla dell’Ospedale di Gallarate (Dott. Zaffaroni); Fondazione Don Gnocchi (Dott.ssa Cavarretta); Ospedale Micone di Genova (Dott. Solaro), il Centro Sclerosi Multipla dell’Ospedale San Raffaele che è stato il coordinatore dello studio (Dr.ssa Moiola, Dr.ssa Radaelli, Dott. Bucello, Dott. V. Martinelli); alla prof.ssa Sacerdote del Dipartimento di Farmacologia dell’Università di Milano, ed ai pazienti arruolati nello studio.

Dr. Filippo Martinelli Boneschi (filippo.martinelli@hsr.it)

Dott.ssa Maira Gironi (mgironi@dongnocchi.it )
Legame tra decorso della Sclerosi Multipla e concentrazione di beta endorfine

Concentrazione delle endorfine beta nelle cellule mononucleari del sangue periferico di pazienti con diversi fenotipi clinici di sclerosi mutipla

M Gironi, R Furlan, M Rovaris, G Comi, M Filippi, A E Panerai, P Sacerdote

Dipartimento di Neuroscience, ospedale San Raffaele , Milano, Italy
2 Dipartimento di farmacologia , Università di Milano, Milano, Italy


È stato investigato il possibile collegamento tra il peptide per gli oppiacei beta endorfina e l'eterogeneità del decorso clinico della SM.
Le concentrazioni di beta endorfine nelle cellule mononucleari del sangue periferico (PBMC) sono state misurate in 50 pazienti con SM in differenti fasi. 39 pazienti sono stati sottoposti anche a RMN del cervello dopo-contrasto.
Tra le forme di SM, le concentrazioni più alte di beta endorfine sono state trovate nel PBMC di pazienti con SM RR e le più basse nei pazienti con forme progressive.
I livelli medi di concentrazione della beta endorfina erano più bassi, sebbene non significativamente, nei pazienti senza lesioni attive alla RMN.
Questi dati suggeriscono che la ß-endorfina può avere un ruolo nella riduzione del processo infiammatorio.


Studio pilota dell'LDN nella Sclerosi Multipla Primaria Progressiva

Maira Gironi, Filippo Martinelli, Paola Sacerdote, Claudio Solaro, Genova, Italy, Rosella Cavarretta, Mauro Zaffaroni, Lucia Moiola, Marta Radaelli, Valentina Pilato, Gallarate, Italy, Sebastiano Bucello, Vittorio Martinelli, Marco Cursi, Raffaello Nemni, Giancarlo Comi, Gianvito Martino, Milano, Italy

BACKGROUND: Il Naltrexone È un antagonista degli oppiacei orale semi sintetico autorizzato, al dosaggio di 50mg, per la cura della dipendenza dall'eroina. Tuttavia, il dosaggio più basso revoca l'azione antagonista mentre promuove e mantiene una sovrapproduzione di Beta Endorfine (BE), un oppioide endogeno con funzioni immunomodulanti. Un effetto sintomatico del basso dosaggio di naltrexone (LDN) sulla spasticità, dolore e fatica È stato registrato ma per adesso sono state raccolte soltanto osservazioni anedottiche.

DESIGN/METHODS: Uno studio terapeutico pilota di 6 mesi, multicentrico, open-label, con LDN (5 mg/giorno) È stato condotto su 40 pazienti diagnosticati con Sclerosi Multipla primaria progressiva (PP)MS (di cui 19 uomini e 21 donne, età media 53.4 anni, livello medio EDSS 5.5). La sicurezza ed efficacia dell'LDN nella spasticità, dolore e fatica È il risultato che maggiormente È emerso dallo studio. È stato considerato controindicativo all'arruolamento allo studio l'uso di farmaci contenenti oppio, immunosoppressivi od immunomodulanti. Considerazioni cliniche e biochimiche sono state condotte rigorosamente (all'inizio, ad 1, 3, 6 mesi di terapia ed 1 mese dopo l'interruzione) così come la misurazione dei livelli di beta endorfine (BE) (misurate con radioimmunoassay) nelle cellule mononucleari del sangue periferico (PBMC).

Sono state usati parametri appropriati per la valutazione della spasticità, dolore e fatica (esempi: Ashworth, Fatigue Severity Scale, Visual Analogue Scale).

RISULTATI: 35 pazienti hanno completato i 6 mesi di terapia (5 pazienti sono usciti). Anomalie transitorie ematologiche (aumento degli enzimi del fegato), infezioni del tratto urinario, leggera agitazione e disturbo del sonno sono stati i più comuni eventi avversi. In livello di incremento delle BE nelle PBMC È stato registrato subito dopo 3 mesi di terapia. Il livello di aumento di BE È divenuto statisticamente significativo rispetto ai valori iniziali soltanto dopo i 6 mesi di terapia (p< 0.01). L'incremento di BE si È mantenuto statisticamente significativo 1 mese dopo l'interruzione della terapia (p<0.01) rispetto all'inizio e rispetto al valore del 3 mese). L'efficacia dei risultati è ancora sotto investigazione. Questo studio è stato supportato da un finanziamento della Federazione Italiana Sclerosi Multipla.

Tuesday, April 15, 2008 11:30 AM



Link:

Beta-endorphin: past, present, future

Dr.Maira Gironi
Medical doctor at Don Gnocchi Foundation, University Statale, Milan
San Raffaele Hospital, University Vita e Salute, Milan
Phd in Experimental Neurobiology



b-Endorphin Concentrations in Peripheral Blood Mononuclear Cells of Patients With Multiple Sclerosis

Maira Gironi, MD; Vittorio Martinelli, MD; Elena Brambilla; Roberto Furlan, MD; Alberto E. Panerai, MD; Giancarlo Comi, MD; Paola Sacerdote, PhD
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