La ricaduta consiste in una fase attiva della Sclerosi Multipla, ovvero un nuovo episodio infiammatorio.
Si manifesta con la comparsa di nuovi sintomi o con l’aggravarsi di quelli preesistenti.
Una ricaduta (attacco, poussé, recidiva, riacutizzazione) è l’apparire acuto o sub-acuto di un’anormalità neurologica della durata di almeno 24 ore, in assenza di febbre e infezioni.
Nella Sclerosi Multipla, la comparsa di nuovi sintomi, o l’aggravamento di sintomi
esistenti, si associa all’infiammazione e alla demielinizzazione di aree del cervello o del midollo spinale.
L’intervallo di tempo che intercorre tra due ricadute è variabile ed imprevedibile. Può andare da alcune settimane
ad alcuni anni.
Molti studi hanno dimostrato che traumi (compresi gli interventi chirurgici), stress e infezioni rendono più frequente
l’insorgenza di una ricaduta.
Altre ricerche ancora hanno dimostrato che vi sarebbe un rischio di ricadute nelle
prime quattro settimane dopo un’infezione sistemica e che gli attacchi,
in questo caso, lascerebbero un danno maggiore rispetto agli altri.
La ricaduta può essere caratterizzata dal manifestarsi di una grande varietà
di sintomi a seconda della zona del sistema nervoso centrale aggredita.
Una ricaduta può essere definita come un vero e proprio evento
neurologico che si innesca: il sistema immunitario improvvisamente si attiva e attacca la mielina.
Questo meccanismo determina uno stato infiammatorio e la formazione di un edema nel punto dove c’è stata l’aggressione
alla mielina.
Pertanto, oltre ai problemi di trasmissione dei segnali nervosi dovuti alla perdita di mielina,
c'è anche una compressione sulla fibra nervosa, determinata dalla presenza dell’edema locale che crea ulteriori
ostacoli al passaggio dell’impulso nervoso
Come risultato di questa cascata di eventi la persona che ha una ricaduta
può mostrare una grande varietà di sintomi.
Per esempio formicolii o parestesie, disturbi visivi, difficoltà nel camminare e nel mantenere l’equilibrio.
In generale gli attacchi possono essere classificati come lievi, moderati o gravi.
In genere le ricadute attraversano tre stadi:
- infiammazione acuta, quando i sintomi stanno peggiorando;
- stabilizzazione, quando i sintomi rimangono invariati;
- riparazione, quando le condizioni iniziano a migliorare.
L’intero processo ha una durata imprevedibile, può variare da poche settimane a qualche mese fino, in alcuni casi, a un anno.
Anche il grado di recupero dalla ricaduta dipende molto da persona a persona. In alcuni individui, infiammazione e ripristino delle funzioni possono alternarsi per anni.
Sembra confermato che, maggiore è il lasso di tempo che intercorre tra una ricadutane l’altra, più alte sono le possibilità
che la mielina riesca a riparare i danni ricostruendo le lesioni; così come minore è l’intensità dell’attacco,
più lievi saranno i disturbi conseguenti la ricaduta.
Il trattamento d'elezione per le ricadute è la somministrazione di alte dosi di corticosteroidi per via endovenosa.
Gli steroidi hanno effetti immunomodulanti e antinfiammatori tali da ripristinare l’integrità della barriera ematoencefalica, ridurre il gonfiore e facilitare la ricostruzione della mielina, migliorando la conduzione dell’impulso nervoso.
Inoltre, i corticosteroidi agiscono anche come immunosoppressori spegnendo l’attività del sistema immunitario.
Il dosaggio generalmente prescritto come trattamento di
scelta dell’attacco acuto di SM è di 500-1.000 mg al giorno di metilprednisolone per via endovenosa per 3-5 giorni.
Alcuni neurologi, per evitare l'interruzione improvvisa del cortisone, fanno seguire un dosaggio orale a scalare.
In passato era impiegato diffusamente nel trattamento delle ricadute l’ormone adrenocorticotropo (ACTH), primo farmaco che avesse dimostrato
una qualche utilità nel recupero.
Successivamente, però, il metilprednisolone lo ha sostituito nella pratica sia perché ha meno effetti collaterali sia per una maggiore e più rapida attività.
Le pseudoricadute
Sono peggioramenti temporanei, spesso dovuti a caldo e fatica, che non dipendono da nuove lesioni.
La differenza tra ricaduta e pseudoricaduta è che la vera ricaduta che si puà presentare sia con sintomi nuovi che con riacutizzazione di quelli vecchi, è determinata dalla formazione di una nuova lesione; una pseudoricaduta è invece un peggioramento temporaneo dei sintomi
già presenti, senza formazione di nuove lesioni.
Queste «riaccensioni» dei sintomi sono chiamate «pseudoricadute», una manifestazione distinta dalla vera e propria ricaduta.
Una recrudescenza dei sintomi è tipica durante gli episodi febbrili. Il calore e l'innalzamento della temperatura, difatti, accentuano la sintomatologia (fenomeno di Uthoff).
Si possono avere dei peggioramenti in momenti in cui si è particolarmente affaticati o nel periodo premestruale.
I sintomi sono molto reali e possono includere debolezza muscolare, formicolii, spasmi e annebbiamento visivo per chi ha già problemi al nervo ottico.
La pseudoricaduta può manifestarsi e scomparire velocemente, in genere entro le 24 ore, e non è correlata a una nuova infiammazione
nel sistema nervoso centrale.
Nella maggioranza dei casi le pseudoricadute sono scatenate dal calore e quindi tutto ciò che determini
un aumento della temperatura corporea come la febbre, un bagno caldo, l’esposizione al sole, l’esercizio fisico o anche l’assunzione
di alcol, può portare a uno di questi «pseudoattacchi».
Studi clinici hanno dimostrato che l’aumento della temperatura determina un incremento del blocco della conduzione nervosa, in fibre che presentano guaine mileiniche parzialmente danneggiate.
Tra i fattori più spesso associati a una pseudoricaduta ci sono anche le infezioni delle vie urinarie.
A differenza della ricaduta, i peggioramenti delle pseudoricadute in genere regrediscono quando il corpo si raffredda o l’infezione è debellata.
Per cercare di capire se è in presenza di una vera ricaduta oppure di una pseudoricaduta, in genere si raccomanda
di aspettare almeno 24 ore prima di chiamare il medico per verificare se i sintomi si attenuano.
Se invece il peggioramento persiste è necessario rivolgersi al neurologo curante.
La relazione esistente tra stress e ricadute nei pazienti affetti da Sclerosi Multipla
I risultati di uno studio prospettico biennale.
(Brown RF; Tennant CC; Sharrock M; Hodgkinson S; Dunn SM; Pollard JD)
OBIETTIVO: Lo scopo di questo studio prospettico biennale era quello di esaminare la relazione esistente tra i diversi aspetti degli eventi stressanti e le ricadute nei pazienti affetti da Sclerosi Multipla; in particolare quali fattori sono direttamente e/o indirettamente correlati alle ricadute nella Sclerosi Multipla. Questi fattori includono: eventi particolarmente stressanti, la malattia in sé, fattori demografici, psicosociali e legati allo stile di vita.
BACKGROUND: Alcuni studi hanno definito le peculiarità degli eventi stressanti; per esempio la durata dello stimolo stressante, la sua frequenza, l’intensità, la dipendenza dalla malattia, la sua valenza o, concetto stesso di stress, come la propensione allo stress o la frustrazione rispetto ai traguardi della vita. Un’attenzione minore è stata prestata all’analisi del ruolo dei fattori di rischio di ricaduta non clinici (a parte gli eventi stressanti), o ad altri fattori che indirettamente possono avere impatto nella relazione stress-ricaduta.
METODI: I 101 partecipanti allo studio, tutti affetti da SM, sono stati reclutati in due cliniche di Sydney, in Australia. Eventi stressanti, depressione, ansia e fatigue sono stati valutati sia all’inizio dello studio che ad intervalli di tre mesi per due anni. Le caratteristiche della patologia e i fattori demografici, psicosociali o legati allo stile di vita sono stati valutati all’inizio del rilevamento. Le ricadute riferite dai pazienti ai ricercatori, sono state accertate dai neurologi o valutate secondo criteri riconosciuti.
RISULTATI: Gli eventi acuti, ma non lo stress cronico (CDs), precedono le ricadute: una alta frequenza di stress corrisponde a un elevato rischio di ricaduta, in particolare se associato a un basso punteggio di disabilità (Disabiliy score - EDSS) e all’essere di sesso maschile. Le ricadute nella Sclerosi Multipla erano quindi favorite da un’alta ricorrenza di stress acuto, nel caso di pazienti che utilizzavano l’assistenza sociale ed erano nati in Australia, ma non c’è correlazione tra lo stress cronico, la malattia, e i fattori demografici, psicosociali o legati allo stile di vita e le ricadute.
Gli autori dello studio hanno confermato l’ipotesi di bidirezionalità del rapporto tra patologia e stress: l’evento stressante precede le ricadute e le ricadute precedono il picco di stress. Non sono stati però riscontrati fattori che possano influire indirettamente nel rapporto tra stress e ricadute.
CONCLUSIONI: Gli eventi stressanti impattano in piccola parte sulle ricadute nella Sclerosi MultiplaÈ il numero e non l’intensità degli eventi stressanti ad essere più importante. Questo suggerisce che i pazienti affetti da Sclerosi Multipla dovrebbero evitare situazioni capaci di generare numerosi eventi stressanti.
Uno stress cronico non è indice di ricaduta in futuro. Gli uomini e in particolare quelli con un inizio di malattia molto precoce sono più esposti alle ricadute. I pazienti affetti da Sclerosi Multipla dovrebbero essere incoraggiati a ridurre i tempi di stress acuto durante i periodi di maggior sforzo. Inoltre i pazienti dovrebbero anche sentirsi tranquilli riguardo lo stress provocato dalla malattia che non aumenta il rischio di ricadute.
Fonte: Multiple Sclerosis, 2006; Aug, 12 (4): 453-75
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Corticosteroidi nelle ricadute:
è importante intervenire tempestivamente
Studi clinici effettuati su pazienti adulti indicano che l'uso dei corticosteroidi
riduce la durata delle ricadute e pertanto la morbilità a breve termine
(Milligan, 1987).
I corticosterodi non sembrano avere alcun effetto, invece, sul miglioramento
dei deficit permanenti, probabilmente a causa del ritardo nella
somministrazione del farmaco.
Infatti, sembra che la produzione di ossido nitrico,
una delle principali sostanze tossiche prodotte dalle cellule mononucleate
periferiche nell'ambito della reazione infiammatoria, raggiunga
la massima concentrazione entro 72 ore dalla comparsa dei sintomi durante
un episodio RR di SM, pertanto è improbabile che la somministrazione
dei corticosteroidi dopo tale periodo protegga i neuroni dal danno infiammatorio
acuto
P. IANNETTI, A. POLIZZI
Angelo R. Massaro
Un attacco (detto anche "esacerbazione" o "poussée") della malattia può
variare in maniera notevole sia in termini di numero delle lesioni che
di estensione delle stesse, nell'ambito della sostanza bianca delle persone
colpite.
È evidente che quanto maggiore sarà il numero delle lesioni,
o quanto più esse saranno estese, tanto più sarà probabile che i sintomi
assumano carattere di gravità. Questa regola tuttavia non è assoluta,
in quanto nel determinare la gravità dei sintomi concorre in maniera significativa
anche la loro localizzazione in punti più o meno importanti dal punto
di vista funzionale. Questo significa che una piccola lesione localizzata,
ad esempio, sul nervo ottico, darà un sintomo molto evidente ed allarmante,
mentre una grossa lesione localizzata in sede frontale potrebbe addirittura
passare inosservata.
Molto variabile è anche la gravità delle lesioni
in termini qualitativi. Non tutte le lesioni presentano lo stesso grado
di gravità:
si può andare da lesioni evidenziabili alla risonanza magnetica
nucleare (RMN), positive anche dopo somministrazione endovenosa di gadolinio,
le quali però si fermano al solo primo stadio – quello dell'infiammazione
– senza dare luogo a demielinizzazione, a lesioni ampiamente demielinizzate
nelle quali vi è una netta riduzione anche delle cellule che producono
la mielina, gli oligodendrociti.
Pure nelle aree che hanno subito demielinizzazione
– dette placche di demielinizzazione – il quadro è di solito molto variabile
da paziente a paziente e da un attacco ad un altro:
la mielina può essere
danneggiata in maniera non grave e non totale, e così pure gli oligodendociti
di cui si è già detto, oppure sia l'una che gli altri possono aver subito
una aggressione talmente grave da portare ad una loro totale scomparsa.
Le fibre nervose di solito vengono preservate e rimangono integre, ma
non sempre: vi sono casi nei quali anche esse vengono parzialmente colpite,
e casi molto gravi nei quali la loro distruzione è particolarmente marcata.
È evidente quindi che questa estrema variabilità del quadro patologico
può dare luogo ad esiti molto diversi, anche dopo avere fatto una terapia
appropriata.
Molta variabilità vi è pure nella evoluzione della placca acuta, nonostante
l'uso appropriato di farmaci corticosteroidei. Si passa da una ripresa
quasi miracolosa, con ritorno alla normalità, dopo solo pochi giorni di
trattamento (sono questi i casi nei quali non vi è stata demielinizzazione,
ma solo infiammazione ed edema), a casi nei quali il trattamento non dà
successo se non dopo parecchie settimane (sono questi i casi nei quali
è necessaria la rimielinizzazione, che è un fenomeno biologico più lento
rispetto alla pura riduzione dell'edema infiammatorio). Vi sono, ahimè,
rari casi nei quali la guarigione del sintomo non avviene o avviene in
maniera molto ridotta (sono questi i casi nei quali gli oligodendrociti
sono stati in gran parte distrutti e, con essi, buona parte delle fibre
nervose). Vi è un altro fattore molto importante che interferisce nel
cammino verso la guarigione. Questo fattore è rappresentato dagli astrociti:
sono cellule presenti, come gli oligodendrociti, nel sistema nervoso centrale,
nel quale svolgono funzioni di essenziale importanza. Tra queste vi è
pure la capacità di formare una cicatrice in luoghi del cervello che sono
stati sottoposti alle lesioni più svariate (quindi non solo nella SM).
In una placca acuta di demielinizzazazione, essi, seguendo il compito
per il quale sono stati programmati dalla natura, tendono a formare quella
che viene chiamata "cicatrice gliale" o "cicatrice astrocitaria". Questo
evento, anche se finalizzato a scopi riparativi, è molto negativo in relazione
alla rimielinizzazione, in quanto esso avviene in competizione con quest'ultima:
quanto più cicatrice viene a formarsi tanto meno rimielinizzazione può
avere luogo. Ancora peggio, una volta instauratasi una cicatrice gliale,
non vi è, al momento, mezzo per farla regredire, ed essa stessa, poiché
impedisce quella interazione biologica mielina-fibra nervosa (il termine
tecnico è "assone") che è essenziale per la conservazione dell'assone
in buona salute, porta lentamente alla perdita di assoni nell'ambito della
placca che è stata colpita. Entrambi questi fenomeni – cicatrizzazione
e perdita assonale – vengono, alla luce delle conoscenze attuali, considerati
fenomeni irreversibili.
Strategie di lotta
La prima e più importante strategia di lotta è impedire di dover arrivare
a cimentarsi con una o più placche sclerotizzate. Gli interventi terapeutici
cronici preventivi oggi disponibili hanno significativamente ridotto la
frequenza delle esacerbazioni, e la loro gravità, in molti malati con
la forma remittente-recidivante della malattia. In quei casi nei quali
le esacerbazioni sono presenti, o perché ai primi episodi, o perché il
trattamento preventivo non è stato efficace, un accurato uso dei corticosteroidi
porta ad un più rapido e più completo miglioramento dei sintomi dovuti
all'attacco.
Questo dato clinico corrisponde all'azione che i corticosteroidi
hanno a livello della placca: riduzione dell'infiammazione e dell'edema
con riparazione della BEE, promozione dei fattori favorenti la rimielinizzazione,
inibizione dei fattori favorenti la sclerosi astrocitaria.
Per intenderci,
è come se in una gara ciclistica avessimo uno strumento in grado di frenare
le bici di alcuni e di dare una spinta a quelle degli altri al fine di
far vincere i corridori che ci sono graditi (in questo caso gli oligodendrociti
e le loro cellule progenitrici). Ecco quindi un primo intervento terapeutico,
tempestivo, capace di influenzare il campo nel quale la lotta per la rimielinizzazione
ha luogo: questo intervento è ben più semplice ed efficace di qualunque
altro dovesse essere posto in atto dopo la sconfitta, parziale o totale
che essa sia.
Per circa due decenni le mie personali ricerche sono state
focalizzate proprio sullo studio di questi aspetti dei corticosteroidi
e di alcune proteine di specifica e notevole rilevanza nel SNC. In un
gran numero di casi queste strategie sono vincenti e non è necessario
fare alcunchè d'altro. Vi sono però anche dei casi nei quali il quadro
non è così roseo, o per la gravità intrinseca dell'attacco a cui sono
stati soggetti, o per il fatto che si tratta di episodi avvenuti nel passato
quando le conoscenze e i mezzi terapeutici erano meno raffinati.
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