Come nasce e cos'è la PsicoNeuroEndocrinoImmunologia
Le origini della PNEI sono nelle ricerche avviate negli anni 30 del secolo scorso dal neuroendocrinologo Hans Selye.
Selye diede la prima definizione scientifica dello stress:
"lo stress è la risposta strategica dell'organismo nell’adattarsi a qualunque esigenza, sia fisiologica che psicologica, a cui venga sottoposto. In altre parole, è la risposta aspecifica dell’organismo a ogni richiesta effettuata su di esso"
La risposta allo stress fu definita dal Dr. Selye "General Adaptation Syndrome" (G.A.S.) ovvero ”sindrome generale di adattamento.
Egli fu il primo ad identificare due diverse tipologie
di stress che definì:
distress o stress negativo
eustress o stress positivo.
L'eustress, o stress buono è indispensabile alla vita, si manifesta sotto forma di stimolazioni ambientali positive. Lo stress induce la rottura di un preesistente stato di equilibrio e innesca una reazione fisiologica indispensabile per mettere in moto i processi adattativi all'ambiente.
Il distress, invece, origina da tutte quelle condizioni che generano un conflitto ma non consentono di giungere a una risoluzione. Se intenso o protratto nel tempo influenza negativamente lo stato di equilibrio del corpo, l'omeostasi.
Nei successivi anni numerosi ricercatori hanno fatto studi sulle conseguenze che lo stress ha sull’organismo viventi.
Si arrivò a dimostrare che la reazione agli stress, attiva l’ipotalamo, da dove partono segnali che regolano la produzione dei principali ormoni.
Un altro studioso, Lazarus, studiava gli aspetti psicologici coinvolti nella risposta allo stress dell’uomo. Individui diversi mostravano risposte biologiche altrettanto diverse ad uno stesso stimolo. Pertanto si osservò che la reazione ad uno stress era elaborata attraverso processi cognitivi
Negli anni settanta, Besedowsky dimostrò che lo stress induceva l’aumento della produzione del cortisolo da parte delle surrenali. Il cortisolo induce soppressione della risposta immunitaria.
Si stabilì, così, il primo collegamento biologico tra cervello, stress e immunità.
Negli anni ottanta gli studi sul rapporto tra stress, cervello e immunità aumentano. Si dimostrò che lo stress modifica e altera la funzionalità del sistema immunitario e si individuarono i mediatori e i modulatori della risposta immunitaria.
Nel 1981 Ader pubblica "Psyconeuroimmunology", opera che sancisce la nascita della Psiconeuroimmunologia, che poi, con ulteriori studi nel campo dell'endocrinologia, verrà ribattezzata Psiconeuroendocrinoimmunologia.
Candace Pert, neurofisiologa, direttrice del centro di biochimica cerebrale del NIMH, National Institute for Mental Health, ha scoperto le endorfine e un vasto numero di neuropeptidi.
I neuropeptidi, sottili filamenti di aminoacidi, sono molecole che veicolano le informazioni fra le cellule del sistema nervoso.
La Pert ha scoperto che sono attivi in tutte le cellule del corpo, nel sistema nervoso, nel sangue, nel sistema immunitario e nell’intestino e i loro recettori (sorta di chiavi molecolari sulle membrane cellulare, che decodificano la comunicazione veicolata dai neuropeptidi) sono stati rinvenuti in ogni parte del corpo.
Le cellule immunitarie, non solo sono dotate di recettori per i neuropeptidi, ma sono, a loro volta produttrici di neuropeptidi.
I neuropeptidi non trasmettono solo informazioni ormonali e metaboliche, ma "emozioni" e segnali psicofisici: ogni stato emotivo è veicolato nel corpo da specifici neuropeptidi. Quindi sono mediatori anche delle emozioni e agiscono in tutti i sistemi dell’organismo.
La psiconeuroendocrinoimmunologia è, dunque, lo studio delle relazioni tra il sistema nervoso, l’endocrino e l’immunitario, e tra questi e la psiche.
Questi grandi sistemi di regolazione biologica interagiscono e scambiano informazioni tra di loro attraverso i neuropeptidi e vengono profondamente influenzati dagli stati psicologici.
Ogni evento capace di suscitare emozioni intense e profonde scatena delle risposte neurovegetative endocrine ed immunitarie e causa la disregolazione dei sistemi.
I sistemi psichico, neurologico, endocrino ed immunitario costituiscono una sorta di Network da cui dipende lo "stato di salute" di ogni organismo.
Gli eventi stressanti sono associati ad un aumento delle esacerbazioni nella Sclerosi Multipla recidivante-remittente
Ricercatori dell’Erasmus Medical Center a Rotterdam in Olanda hanno studiato la relazione esistente tra gli eventi stressanti non associati alla Sclerosi Multipla e l’insorgenza di esacerbazioni nei pazienti con Sclerosi Multipla recidivante-remittente.
Lo studio, prospettico, ha riguardato 73 pazienti.
Di questi il 96% (n=70) ha riferito di aver presentato almeno un evento stressante.
Il numero totale di eventi stressanti segnalati è stato di 457.
Il periodo osservazionale (follow-up) è stato di 1,4 anni.
Nel corso dello studio ci sono state 134 esacerbazioni che hanno interessato 56 pazienti, e 136 infezioni in 57 pazienti.
L’analisi di regressione di Cox ha dimostrato che lo stress era associato ad un aumento di 2 volte dell’incidenza di esacerbazione (rischio relativo, RR: 2,2; p=0.014) durante le 4 settimane successive.
Le infezioni erano associate invece ad un aumento di 3 volte del rischio di esacerbazioni, ma questo effetto è risultato indipendente dagli eventi stressanti.
Buljevac D et al, BMJ 2003; 327:646-649
La relazione esistente tra stress e ricadute nei pazienti affetti da Sclerosi Multipla
risultati di uno studio prospettico biennale.
(Brown RF; Tennant CC; Sharrock M; Hodgkinson S; Dunn SM; Pollard JD)
OBIETTIVO: Lo scopo di questo studio prospettico biennale era quello di esaminare la relazione esistente tra i diversi aspetti degli eventi stressanti e le ricadutenei pazienti affetti da Sclerosi Multipla; in particolare quali fattori sono direttamente e/o indirettamente correlati alle ricadute nella Sclerosi Multipla.
Questi fattori includono:
eventi particolarmente stressanti,
la malattia in sé,
fattori demografici, psicosociali e legati allo stile di vita.
BACKGROUND: Alcuni studi hanno definito le peculiarità degli eventi stressanti; per esempio la durata dello stimolo stressante, la sua frequenza, l’intensità, la dipendenza dalla malattia, la sua valenza o, concetto stesso di stress, come la propensione allo stress o la frustrazione rispetto ai traguardi della vita. Un’attenzione minore è stata prestata all’analisi del ruolo dei fattori di rischio di ricaduta non clinici (a parte gli eventi stressanti), o ad altri fattori che indirettamente possono avere impatto nella relazione stress-ricaduta.
METODI: I 101 partecipanti allo studio, tutti affetti da SM, sono stati reclutati in due cliniche di Sydney, in Australia. Eventi stressanti, depressione, ansia e fatigue sono stati valutati sia all’inizio dello studio che ad intervalli di tre mesi per due anni. Le caratteristiche della patologia e i fattori demografici, psicosociali o legati allo stile di vita sono stati valutati all’inizio del rilevamento. Le ricadute riferite dai pazienti ai ricercatori, sono state accertate dai neurologi o valutate secondo criteri riconosciuti.
RISULTATI: Gli eventi acuti, ma non lo stress cronico (CDs), precedono le ricadute: una alta frequenza di stress corrisponde a un elevato rischio di ricaduta, in particolare se associato a un basso punteggio di disabilità (Disabiliy score - EDSS) e all’essere di sesso maschile. Le ricadute nella Sclerosi Multipla erano quindi favorite da un’alta ricorrenza di stress acuto, nel caso di pazienti che utilizzavano l’assistenza sociale ed erano nati in Australia, ma non c’è correlazione tra lo stress cronico, la malattia, e i fattori demografici, psicosociali o legati allo stile di vita e le ricadute.
Gli autori dello studio hanno confermato l’ipotesi di bidirezionalità del rapporto tra patologia e stress: l’evento stressante precede le ricadute e le ricadute precedono il picco di stress. Non sono stati però riscontrati fattori che possano influire indirettamente nel rapporto tra stress e ricadute.
CONCLUSIONI: Gli eventi stressanti impattano in piccola parte sulle ricadute nella Sclerosi Multipla. È il numero e non l’intensità degli eventi stressanti ad essere più importante. Questo suggerisce che i pazienti affetti da Sclerosi Multipla dovrebbero evitare situazioni capaci di generare numerosi eventi stressanti.
Uno stress cronico non è indice di ricaduta in futuro. Gli uomini e in particolare quelli con un inizio di malattia molto precoce sono più esposti alle ricadute. I pazienti affetti da Sclerosi Multipla dovrebbero essere incoraggiati a ridurre i tempi di stress acuto durante i periodi di maggior sforzo. Inoltre i pazienti dovrebbero anche sentirsi tranquilli riguardo lo stress provocato dalla malattia che non aumenta il rischio di ricadute.
Esiste un legame tra sistema nervoso e immunitario. Quella che
nell'ambiente medico era sempre stata solo un'ipotesi oggi diventà
una teoria dimostrata grazie al lavoro del patologo Pietro
Muretto, dell'ospedale San Salvatore di Pesaro. Pare
che il collegamento tra i due sistemi sia rappresentato dalle
cellule di Langerhans, un gruppo di cellule dendritiche. La ricerca
è stata pubblicata in tutti i suoi dettagli sulla prestigiosa
rivista International Journal of Surgical Pathology.
Fino ad oggi si credeva che queste cellule nascessero nel midollo
osseo: ora sappiamo invece che hanno origine nella struttura dell'embrione
dalla quale si forma una parte del sistema nervoso periferico.
Il suo nome è cresta neurale. Il ruolo di queste cellule è fondamentale
nell'immunità. Agiscono in collaborazione con le cellule T che
rappresentano nel nostro organismo la prima linea di difesa immunitaria.
Le cellule T hanno il compito di difendere il nostro organismo
da agenti estranei: stiamo parlando di batteri e virus. Agiscono
anche contro i tessuti e gli organi ricevuti in seguito a un trapianto,
causando le famose crisi di rigetto. Le cellule T intervegono
anche in presenza di cellule tumorali. Pietro Muretto: "In condizioni
normali le cellule di Langerhans hanno il compito di riconoscere
un agente estraneo all'organismo, l'antigene, e di presentarlo
ai linfociti T, che sono gli effettori ultimi della difesa immunitaria".
Pare che le cellule di Langherans, che rivestono un ruolo importante
per quanto riguarda le difese immunitarie, si comportano in modo
molto simile ad altre cellule che hanno origine dalla cresta neurale.
Allo stesso modo contengono sostanze collegate allo stress, come
l'adrenalina e la nor-adrenalina, chiamate catecolamine. Conclude
Mretto: "In base a questa scoperta si può affermare che potrebbero
avere verosimilmente una loro funzione negli stati di stress indebolendo
le difese immunitarie".
Lo stress è una sindrome di adattamento a degli stressor (sollecitazioni).
Può essere fisiologica, ma può avere anche dei risvolti patologici.
Ogni stressor che perturba l'omeostasi dell'organismo richiama
immediatamente delle reazioni regolative neuropsichiche, emotive,
locomotorie, ormonali e immunologiche.
Sclerosi multipla: la morte di un figlio aumenta il rischio
La presenza di stress psicologico è stata collegata allo sviluppo di Sclerosi Multipla: è stato dimostrato che i genitori sottoposti allo stress della perdita di un figlio sono a maggior rischio di sviluppare la malattia. Era stato infatti ipotizzato che, se lo stress è in grado di causare la Sclerosi Multipla, soltanto gli stress più forti sarebbero stati candidati papabili della malattia: la morte di un figlio è uno dei più pesanti fattori stressanti che possano intervenire in una società con una bassa mortalità infantile, quindi può servire da indicatore obiettivo che può essere oggetto di studio. Se la perdita è inattesa, il rischio è ancora maggiore: più del doppio rispetto alle coppie di genitori di controllo. Ciò dimostra ulteriormente che lo stress gioca un ruolo importante nella malattia, dato che perdere un figlio inaspettatamente provoca uno stress ancora maggiore nei genitori. I risultati dello studio, oltre a fornire ulteriori informazioni sul modo in cui la Sclerosi Multipla si evolve, possono portare allo sviluppo di misure preventive.
(Neurology 2004;62:726-729)
Stress e malattie autoimmuni
Edoardo Rosato e Felice Salsano
DIPARTIMENTO DI MEDICINA CLINICA
CATTEDRA e U.O.C. IMMUNOLOGIA CLINICA ED ALLERGOLOGIA
(Direttore: Prof. Felice Salsano)
Hans Seley, padre del termine stress, nel 1975 lo definì: “Sindrome generale di adattamento
(SGA), ovvero una risposta aspecifica a qualsiasi richiesta proveniente dall’ambiente”. Lo
stress è una risposta fisiologica dell’organismo ad un qualsiasi cambiamento operato da
stressor (fattori interni o esterni), che possa turbare l’equilibrio psicofisico dell’individuo. Tale
risposta, in termini comportamentali, è uno dei cardini della capacità di interazione con il
mondo esterno ed è un meccanismo di cui è dotata la specie umana, finalizzato alla
sopravvivenza individuale. Hans Seley distingueva fra stress positivo (eustress) e negativo
(distress) anche in base alla controllabilità degli eventi da parte del soggetto. Accanto ad una
tensione positiva, o eustress (dal greco eu = bene), ne esiste una negativa o distress (dal
greco dis = suffisso che indica qualcosa di negativo e distruttivo). La condizione di eustress si
verifica quando le pressioni agenti sul soggetto rientrano nell’ambito della tollerabilità. In tale
condizione, il grado ottimale di attivazione psicofisiologica consente la mobilitazione delle
risorse dell’individuo, migliorandone le capacità di attenzione, concentrazione, percezione,
memoria ed apprendimento (es. la reazione attacco-fuga che consente di far fronte ad un
pericolo). Il distress, invece, si sviluppa quando, per un periodo più o meno lungo, si è
sottoposti sia a situazioni che possano mettere in discussione la capacità di affrontarle, sia a
condizioni d’eccessiva o, al contrario, di scarsa stimolazione. Coinvolgendo la mente ed il corpo
esso predispone il soggetto a sentimenti e a comportamenti spesso disadattativi sul piano
personale e sociale. Il distress non dipende solo dall’accumularsi degli eventi, ma anche da
come vengono valutati e dal peso emotivo che viene loro assegnato.
Fino agli inizi degli anni settanta, si pensava che la risposta allo stress attivasse soltanto il
sistema nervoso vegetativo (anche noto come autonomico, in quanto deputato all’innervazione
dei visceri e quindi fuori dal controllo volontario) e quello endocrino. Alcune ricerche condotte
all’inizio degli anni settanta hanno dimostrato, invece, un’influenza dello stress sui processi
immunitari. È ormai esperienza comune la riattivazione dell’herpes labialis in concomitanza con
cambiamenti (stressor) che turbano le abitudini di vita del soggetto (febbre, esami, ciclo
mestruale, etc.).
Partendo dall’ipotesi che la personale risposta emotiva possa influenzare, in termini di
attivazione o di inibizione, il sistema immunitario, si è sviluppata una vasta area di ricerca,
appartenente ad una scienza di recente nascita, denominata Psicoimmunologia, la quale è
stata definita “la disciplina che studia in modo sistematico il sistema immunitario quale sistema
in grado di reagire e modificare la sua attività anche sulla base delle interazioni tra individuo e ambiente mediate dal sistema nervoso relazionale” (Biondi, 1984). Il sistema immunitario,
pertanto, diventa parimenti al sistema nervoso vegetativo e all’apparato endocrino un terzo
sistema di regolazione della risposta allo stress. Le interazioni tra psiche da una parte e,
sistema nervoso vegetativo, apparato endocrino, sistema immunitario dall’altra, sono oggetto
di studio della psico-neuro-endocrino-immunologia. Il baricentro di tali interazioni è l’asse
cortico-ipotalamicopituitario-surrene.
L’ipotalamo è una struttura neurale complessa con un ruolo determinante nelle risposte
somatiche ed autonome relative agli stimoli emotivi. Esso fa parte integrante del sistema
limbico sottocorticale, deputato all’elaborazione degli stimoli emozionali ed intimamente
connesso con i centri corticali superiori. L’ipotalamo, a sua volta connesso con l’ipofisi
posteriore attraverso fibre nervose, produce ormoni che stimolano o inibiscono la sottostante
ipofisi. L’ipofisi è una ghiandola endocrina destinata alla produzione di ormoni che regolano la
funzione delle altre ghiandole endocrine del nostro organismo: ghiandole surrenali, tiroide,
gonadi. Le ghiandole surrenali secernono: ormoni mineralcorticoidi , androgeni, cortisolo e
catecolamine (80% adrenalina e 20% noradrenalina). L’adrenalina viene secreta come ormone
di emergenza in tutte le situazioni di pericolo immediato (reazione attacco-fuga = eustress).
Essa, in quanto ormone dell’eustress, consente un adattamento rapido dell’organismo ad una
situazione di pericolo immediato, mettendo quest’ultimo nelle condizioni di superarlo. L’adrenalina infatti aumenta la frequenza cardiaca, la contrattilità della muscolatura striata,
favorisce il rilasciamento della muscolatura liscia bronchiale e mobilizza riserve energetiche di
pronto utilizzo (glucosio). In condizioni di stress cronico, agisce sull’ipofisi, favorendo la
produzione di ACTH (ormone adrenocorticotropo) che stimola la secrezione surrenalica di
cortisolo, ormone prevalente in condizioni di distress. La noradrenalina, invece, ha la funzione
di neurotrasmettitore del sistema nervoso vegetativo.
Recentemente è stata avanzata l’ipotesi che lo stress possa aumentare la predisposizione di un
individuo all’insorgenza di malattie autoimmuni, infettive, neoplastiche. Nella patogenesi delle
malattie autoimmuni si riconosce sempre un’importante fattore stressante nella vita del
soggetto colpito (morte di un familiare, separazione dal coniuge, preoccupazioni per i figli).
L’evento stressante può essere un fattore causale, un fattore trigger, o più semplicemente un
epifenomeno. Tutti gli studi condotti fin’ora, per valutare gli effetti dello stress sul sistema
immunitario, hanno evidenziato un’azione soppressiva. Gli eventi negativi della vita agiscono
prevalentemente sul compartimento acquisito dell’immunità (cellule linfatiche) non lasciando
intatta l’immunità innata. In individui che vivono in condizioni di stress cronico è stata
osservata una riduzione dei linfociti ad azione regolatoria (T-suppressor), del numero delle
cellule Natural Killer (NK), della loro funzione, e del numero dei linfociti con funzione helper (THelper).
È ipotizzabile, pertanto, che la riduzione dei linfociti con attività soppressoria,
associata ad una ridotta attività delle cellule NK, la cui funzione è la distruzione delle cellule
infettate da virus e delle cellule neoplastiche, possa portare ad una disregolazione del sistema
immunitario con risposta verso cellule self. In una rassegna, pubblicata su Immunology
Today nel 1999 e dal titolo “The neuroendocrine immune basis of rheumatic disease”, si
afferma che la patogenesi delle malattie reumatiche dipende da una stretta correlazione tra
sistema nervoso, endocrino ed immune. Infatti la produzione di cortisolo, favorita dal rilascio
ipotalamico di CRH (corticotropin releasing hormone) e dall’ormone ipofisario ACTH, aumenta
in tutte le condizioni di stress psicofisico e svolge un’azione immunosoppressiva, favorendo
l’apoptosi (morte programmata) delle cellule T. Il sistema nervoso autonomo, fondamentale
nelle reazioni acute a fattori stressanti, è importante nel mantenimento della flogosi che si
riscontra nelle malattie autoimmuni (LES, artrite reumatoide, sclerosi sistemica, fenomeno di
Raynaud idopatico o secondario, vasculiti). Nei pazienti affetti da artrite reumatoide si ha
un’alterazione del controllo del sistema nervoso autonomo, sia in termini di attivazione che di
inibizione. Le catecolamine, prodotte dall’attivazione di tale sistema, influenzano la
proliferazione dei linfociti attraverso la presenza di specifici recettori adrenergici. Nel
fenomeno di Raynaud primitivo o secondario, la componente emotiva gioca un ruolo
determinante al pari della temperatura ambientale. Il vasospasmo, infatti, può essere
scatenato da un forte stimolo emozionale, il quale attiva il sistema nervoso vegetativo,
agendo sui recettori adrenergici della muscolatura liscia vascolare. Anche la prolattina prodotta
dall’ipofisi sotto il controllo ipotalamico esercita un potente effetto immunomodulatore,
aumentando la proliferazione e la sopravvivenza delle cellule T. Gli ormoni prodotti dalle
gonadi, sotto il controllo dell’asse ipotalamo-ipofisario, esercitano un controllo sulla funzione
immunitaria. Gli ormoni maschili (androgeni) esercitano un’influenza inibitoria della risposta
umorale e cellulare, gli ormoni femminili (estrogeni) sopprimono la risposta cellulare ma
aumentano la risposta umorale. In donne in età fertile, affette da artrite reumatoide, A. Masi
ha descritto una ridotta produzione di deidroepiandrosterone (DHEA). In pazienti affetti da
Lupus Eritematoso Sistemico (LES), la prolattina e l’estradiolo sono associati con attività clinica
della malattia. L’influenza degli ormoni sessuali è ancora più evidente durante la gravidanza
(iperestrogenismo) a causa della eccessiva stimolazione ormonale. È stata avanzata l’ipotesi
che il DHEA possa essere un farmaco utile per il trattamento del LES, consentendo lo shift
linfocitario da Th2 a Th1. In modelli sperimentali di laboratorio, è stata dimostrata una
variabile reattività allo stress tra pazienti affetti da artrite reumatoide e pazienti affetti da
osteoartrite. Tale reattività è legata ad una differente capacità dell’asse corticoipotalamicopituitario-
surrene di regolare la secrezione di prolattina, ACTH e cortisolo. Nei
pazienti con artrite reumatoide vi è una aumentata risposta cardiovascolare allo stress
associata ad una ridotta produzione di prolattina, rispetto ai pazienti con osteoartrite. In
sintesi, lo stress, nei pazienti affetti da artrite reumatoide, attiva il sistema immune, ma non la
conseguente down-regulation (regolazione in senso soppressivo). Nei veterani della guerra del
golfo si ha una ridotta proliferazione cellulare antigene dipendente. Sui macrofagi sinoviali dei
pazienti affetti da artrite reumatoide sono stati ritrovati recettori per androgeni, estrogeni,
corticosteroidi, catecolamine corroborando l’ipotesi di una funzione regolatoria sul
compartimento dell’immunità innata.
In conclusione, le cellule del sistema immunitario sono dotate di recettori per
neurotrasmettitori ed ormoni e possono rispondere a tali mediatori con tre modalità differenti:
ipofunzione (soppressione del sistema immunitario con aumentata suscettibilità alle infezioni);
iperfunzione (iperattività delle cellule del sistema immunitario come si osserva nell’asma e
nelle malattie allergiche);
perdita della tolleranza al self (malattie autoimmuni).
La rivoluzione in medicina e trattamento delle malattie autoimmuni.
I neuropeptidi, sono le molecole che trasmettono le informazioni nel sistema nervoso, Candace B. Pert è ricercatrice nel Dipartimento di Fisiologia e Biofisica della Facoltà di Medicina della George University a Washington D.C. ha accertato scientificamente l’esistenza delle basi biomolecolari delle nostre emozioni: esse costituiscono il legame essenziale fra mente e corpo. L’autrice propone una nuova interpretazione scientifica del potere che la mente e le emozioni esercitano sulla nostra salute e sul nostro benessere.
Dott. Candante B. Pert ha evidenziato che i neuropeptidi sono i mediatori sia delle informazioni, sia delle emozioni e sono attivi praticamente in tutte le cellule del corpo, nel sistema nervoso, ma soprattutto nel sangue, nel sistema immunitario e nell’intestino. Queste scoperte l’hanno candidata al Nobel per la medicina, ed hanno creato - come spesso accade in questi ultimi anni - una sorta di rivoluzione nel modello di essere umano della medicina ufficiale.
Come l’editore John Maddox ha riportato su Nature, le persone più esperte in questo campo sostengono che ogni stato d' animo è fedelmente riflesso da uno stato fisiologico del sistema immunitario.
E’ stato scientificamente provato che la causa principale di tutte le malattie croniche e malattie autoimmuni sono causate principalmente da stress, ansia, conflitti interiori irrisolti, intossicazioni da farmaci, bassa autostima. Sempre più frequentemente studi e ricerche scientifiche comprovano collegamenti tra la psiche e le strutture profonde biologiche.
Sono state verificate interazioni tra depressione e malattia tumorale, tra sofferenza emotiva e sindromi degenerative, stanchezza cronica e malattie croniche, tra ripetuti e intollerabili eventi stressanti e gravi patologie del sistema immunitario, tra protratti e dolorosi stati di grande ansietà e malattie cardiache.
La nostra è una società nevrotica che si è imposta dei ritmi di vita insostenibili che, prima o poi, finiscono col provocare effetti disastrosi nella psiche e nel corpo, insomma in quella unità indivisibile che è l’individuo.
Le conseguenze della perdita di armonia di chi vive una vita troppo agitata sull’equilibrio e la salute psicofisica dell’uomo d’oggi sono sempre più dimostrate.
L’ansia è un particolare stato di conflittualità psicofisica. Essa è legata allo stress.
Molti studi hanno identificato lo stato ansioso nella tensione dolorosa tra la parte emotiva e quella cognitiva dell’individuo e le sue ripercussioni sul corpo.
L’ansia scatena un vero e proprio disordine psicologico - ormonale- immunitario, che produce uno stato insostenibile di grande difficoltà adattativi , oggi sempre più presente nella società.
Conflitti psichici irrisolte e stress si associano anche ad un aumento dell’attivazione del sistema nervoso autonomo.
Dal canto suo lo studio del profilo ormonale e immunologico ha rivelato un aumento del cortisolo, che è correlato con le modificazioni di alcuni marcatori del sistema nervoso autonomo, e una variazione delle concentrazioni di alcune citochine (sostanze bio-attive vitalizzanti) e le interleuchine 1 e 2.