La Sclerosi Multipla informazioni, approfondimenti e news dalla ricerca
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Users Online: 59 Mercoledì, 04 Dicembre 2024 11:03:00
La Sclerosi Multipla informazioni, approfondimenti e news dalla ricerca

Il Naltrexone Low Dose (LDN)  
Gli oppioidi endogeni, enkefaline, endorfine, etc, sono delle sostanze presenti nel Sistema Nervoso Centrale a funzione di neuromodulazione.
I recettori per gli oppioidi sono presenti, non solo a livello del sistema nervoso, ma anche in altri tessuti compresi quelli coinvolti nella funzione immunitaria.
Questo vuol dire che gli agonisti naturali di questi recettori, le endorfine, possono entrare nella regolazione della risposta immunitaria.
Gli oppiacei oltre ad indurre diminuzione dei linfociti T, producono anche la diminuzione della risposta anticorpale, nonché la dimunzione dell'attività della immunità innata. Infatti diminuisce il numero e l'attività dei macrofagi, diminuisce i livelli di IFN (interferone) alpha e beta e induce la apoptosi nei fibroblasti.
L'effetto deprimente da parte degli oppiacei sul sistema di difesa dell'organismo evidenzia le relazioni fra i vari sistemi: sistema nervoso, sistema endocrino, sistema immunologico, che si influenzano modulando vicendevolmente il livello di attività.
Studi sperimentali, hanno dimostrato che gli oppiodi endogeni hanno capacità di controllare e modulare le risposte immunitarie sia di tipo innato che specifico.

Un articolo del prestigioso New England Journal of Medicine del Novembre 2003 riporta:

“La modulazione immune indotta dagli oppioidi:
Prova preclinica indica che gli oppioidi alterano lo sviluppo, la differenziazione e la funzione delle cellule immunitarie, e che siano colpiti sia i sistemi innati che quelli adattivi. Le cellule formative del midollo osseo, i macrofagi, le cellule natural killer, i timociti immaturi, le cellue T e le cellule B sono tutte coinvolte. L’identificazione relativamente recente dei recettori collegati agli oppioidi sulle cellule immunitarie dimostrano che anche più probabilmente degli oppiodi questi hanno effetti diretti sul sistema immunitario”


Il Naltrexone era stato approvato dal FDA, nel 1984, al dosaggio di 50 mg, con lo scopo di aiutare nelle dipendenze da eroina o oppio, bloccando l’effetto di tali droghe. Bloccando i recettori degli oppioidi, il naltrexone blocca anche la ricezione degli ormoni oppioidi che vengono prodotti dal nostro cervello e dalla ghiandole surrenali: beta-endorfina e metencefalina.

Il Naltrexone è un antagonista dei recettori degli oppioidi endogeni
Assumendone un basso dosaggio (2 - 4 mg), la sera, si è constatato un breve blocco dei recettori degli oppioidi tra le 2 a.m. e le 4 a.m.
Questo blocco dei recettori induce una up-regolazione nel sistema immunitario attraverso un aumento nella produzione di endorfina e encefalina.
Si è visto che volontari normali che hanno assunto LDN con queste modalità, presentano in circolo nel sangue livelli molto più alti di beta-endorfine nei giorni successivi.
Nelle persone con malattie autoimmuni si è constatata una deficienza delle endorfine. Il ripristino della normale produzione di endorfine del corpo potrebbe avere un'azione immunomodulatrice.

Naltrexone a basso dosaggio nella terapia della Sclerosi Multipla

Secondo Agrawal YP dell’Iowa University esistono dati a sostegno dell’impiego di bassi dosaggi di Naltrexone ( Antaxone ) nel trattamento della Sclerosi Multipla. Il Naltrexone sembra non solo prevenire le recidive di Sclerosi Multipla, ma riduce anche la progressione della malattia. Si ritiene che il Naltrexone agisca inibendo l’apoptosi degli oligodendrociti mediante la riduzione dell’attività dell’ossido nitrico sintasi ( NOS ) inducibile. Questo conduce ad una diminuzione della formazione dei perossinitriti, prevenendo l’inibizione dei trasportatori del glutammato, evitando in tal modo, la neurotossicità eccitatoria del glutammato sulle cellule neuronali e sugli oligodendrociti.

Agrawal YP, Med Hypotheses 2005; 64: 721-724


Approccio inedito al morbo di Crohn

Si tratta del naltrexone, molecola impiegata per la disassuefazione nelle tossicodipendenze e nell’alcolismo che, secondo uno studio pilota statunitense, se impiegato a basse dosi può alleviare i sintomi della malattia di Crohn.
La terapia medica classica ricorre a cortisonici, immunosoppressori e altre molecole, terapie protratte, costose e con possibili effetti tossici.
Nei pazienti trattati appunto con basse dosi di naltrexone e monitorati rispetto ai sintomi per 12 settimane, con una verifica della qualità di vita ogni quattro settimane per quattro mesi, si è ottenuto un miglioramento nell’89% dei casi, con il 67% che ha raggiunto la remissione; l’unico effetto indesiderato insorto in alcuni pazienti è consistito in disturbi del sonno.
I ricercatori devono ancora chiarire il meccanismo d’azione che può spiegare tale effetto (il naltrexone è un antagonista dei recettori degli oppiacei), ritengono comunque che questo possa costituire un nuovo approccio, sicuro e meno costoso, a una patologia diffusa; intanto l’estate scorsa sono stati stanziati i fondi NIH per avviare uno studio di fase 2 con naltrexone nel Crohn.

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