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Le fitoterapie  
“Naturale” non è sinonimo di “innocuo”

Per fitoterapia si intende quella branca della medicina che consente l’impiego di piante medicinali e loro derivati a scopo curativo e preventivo. I preparati fitoterapici sono costituiti da una miscela di sostanze vegetali biologicamente attive. In particolare, tali prodotti possono presentare una specifica attività farmaco-tossicologica e interagire con i farmaci di sintesi, alterandone gli effetti previsti. Il fatto che un fitoterapico sia di origine naturale non lo rende, quindi, esente da pericoli. Gli effetti collaterali da erbe medicinali possono derivare da: • cattiva qualità del prodotto utilizzato per la preparazione: contaminazione della pianta con pesticidi, metalli pesanti, batteri, muffe; sostituzione accidentale o volontaria di una pianta con una tossica;
    • interazioni farmacologiche: il risultato delle interazioni può essere il potenziamento dell’azione del farmaco con conseguenti effetti tossici, o una riduzione dell’effetto con la risultante inefficacia del farmaco stesso;
    • uso scorretto: un uso prolulgato o in particolari condizioni fisiologiche (gravidanza, allattamento, età pediatrica o geriatrica) o patologiche (in atto o pregresse).
Gli effetti collaterali possono essere dovuti anche all’effetto della pianta, nonostante la sua buona qualità. Si riporta di seguito un decalogo per il cittadino
    • “Naturale” non è sinonimo di “innocuo”: esistono infatti anche piante tossiche, altre responsabili di effetti collaterali noti, o con specifiche controindicazioni.
    • Non dovrebbero essere mai utilizzare le erbe raccolte spontaneamente, bensì quelle garantite dal controllo di un esperto e quindi vendute attraverso i normali canali di vendita (farmacia).
    • L’assenza di controllo di qualità può essere causa di contaminazioni (durante la lavorazione) ed errori nell’identificazione delle specie medicinali.
    • La maggior parte delle preparazioni empiriche e tradizionali a base di erbe è priva di documentata efficacia, mentre i prodotti erboristici e gli integratori alimentari non hanno il ruolo di medicinali vegetali.
    • Le erbe medicinali, in quanto contenenti sostanze biologicamente attive, vanno assunte sotto il controllo del medico o del farmacista.
    • I trattamenti a base di erbe vanno evitati in caso di gravidanza o allattamento, per mancanza di studi sulla loro innocuità a lungo termine.
    • Neonati, bambini e anziani non dovrebbero usare erbe medicinali senza il controllo medico.
    • L’ automedicazione con prodotti a base di erbe dovrebbe essere comunque di breve durata.
    • Erbe e preparati vegetali possono interagire con molti farmaci
    • .
    • . Prima di iniziare un trattamento a base di erbe è necessario che il medico venga informato riguardo particolari condizioni patologiche, allergie o terapie farmacologiche in atto.
Testi tratti dal bollettino dell'Aifa Farmacovigilanza News - n. 12/13

La complessità fitochimica

Tutte le piante officinali e medicinali utilizzabili per la preparazione di prodotti erboristici, integratori, galenici magistrali ed officinali, ma anche estratti fitoterapici, vanno considerate come grandi contenitori di numerose sostanze chimiche, molto diverse tra loro. Esistono molecole complesse caratterizzate dalla combinazione di uno zucchero con una molecola non zuccherina (genina), che si comportano come pro-farmaci,liberando nell’organismo la componente attiva: salicilati, iridoidi, antrachinoni, cardiotonici, saponine triterpeniche e steroidee, idrochinoni, antociani, flavonoidi ad attività antidepressiva (Iperico), spasmolitica (Passiflora) o microcircolatoria (Ginkgo biloba), cumarine (antiinfiammatorie, fotosensibilizzanti, spasmolitiche). Gli alcaloidi sono invece un importante e vasto gruppo di sostanze vegetali azotate basiche,strutturalmente complesse e farmacologicamente attive a dosi anche molto basse. Queste sostanze sono spesso tossiche e comunque con indice terapeutico notevolmente basso, utilizzate in terapia come tali (morfina, atropina, pilocarpina, caffeina, papaverina, chinina, sparteina, ecc.). Gli alcaloidi pirrolizidinici (Consolida, Farfara, Borragine, ecc.) causano danni epatici cronici e sono cancerogeni. L’olio essenziale è costituito da un pool di sostanze volatili e lipofile (monoterpeni, sesquiterpeni, alcoli, fenoli, aldeidi, chetoni, eteri, esteri e acidi) alcune anche neurotossiche o comunque irritanti per la cute o le mucose. I tannini sono composti strutturalmente abbastanza complessi, di tipo polifenolico, utilizzati inizialmente per la trasformazione delle pelli in cuoio (“azione tannante”) in quanto facilitano la precipitazione delle proteine, mentre i carboidrati costituiscono la maggior parte della struttura di tutte le piante (cellulosa, amido, polimeri del glucosio, ma anche disaccaridi, oligosaccaridi, polisaccaridi e pectine). Dai glucosinolati per idrolisi si possono liberare isotiocianati, nitriti o tiocianati, facilmente allergizzanti, come del resto resine e balsami (Propoli, Balsamo del Perù e del Tolù). Infine le lectine: glicoproteine, reperibili più spesso nei semi delle piante, dotate di varie attività biologiche: emoagglutinanti, miotiche, citotossiche, ecc. come quelle presenti nel Vischio, o la ricina presente nei semi del Ricino,e della fasina presente nei fagioli freschi.

Problematiche relative agli effetti biologici

Escluse le piante notoriamente tossiche (Cicuta, Podofillo, Noce vomica, Ricino, Aconito, Gigaro, Oleandro, Mughetto, Belladonna, Dieffenbachia,ecc.) esistono invece piante officinali utilizzate ancora in pratiche di medicina popolare o in ambito fitoterapeutico potenzialmente responsabili di reazioni avverse per gli effetti biologici: fotosensibilizzanti (Psoralea, Bergamotto, Ruta, Amni majus.), epatotossiche (Camedrio, Kava-kava, ecc.), allergizzanti (Propoli, Aglio, Echinacea, Partenio, Camomilla, Salice), o responsabili di effetti collaterali facilemente prevedibili in relazione all’attività farmacologica (efedrina dell’Ephedra e della Sida cordifolia,sinefrina del Citrus aurantium, caffeina del Guaranà, lovastatina del Riso rosso fermentato, glicirrizina della Liquirizia) o per un uso improprio (uso protratto nel tempo di lassativi antrachinonici, effetti irritanti o neurotossicità di alcuni oli essenziali).

Interazioni farmacologiche

Molte piante presentano interazioni con farmaci a livello di farmacocinetica per l’attività di induttori o inibitori di isoenzimi del Citocromo p450 e della P-glicoproteina (Iperico, Pompelmo, ecc.) o di farmacodinamica, come la Liquirizia (rischio di ipopotassiemia se associata con diuretici e cortisonici), il Ginseng (aumento di efficacia del warfarin e ipoglicemizzanti orali), l’Aglio e la Ginkgo (aumento di efficacia se associati ad anticoagulanti e antiaggreganti piastrinici), i fitoestrogeni con Tamoxifene. Particolari condizioni fisiologiche o patologiche (gravidanza, allattamento, età pediatrica o geriatrica, presenza di specifiche patologie in atto o pregresse) rappresentano invece condizioni nelle quali occorrerebbe maggior cautela nell’uso spesso non controllato di erbe medicinali. Anche quando tali prodotti vengono utilizzati con le modalità più opportune, possono comunque verificarsi una serie di reazioni non desiderate,in relazione alla qualità del prodotto utilizzato (residui di fitofarmaci, metalli pesanti, aflatossine, ecc.), e questo in particolare per l’uso di piante raccolte spontaneamente o prodotti non controllati.

Conclusioni

Quando si vuol valutare la possibile attività farmaco-tossicologica di un preparato vegetale, anche ai fini di una quanto più corretta interpretazione di una reazione avversa, e della sua segnalazione,si deve necessariamente far sempre riferimento alla pianta botanicamente definita, alla parte utilizzata, al tipo di estratto utilizzato, ovviamente alla concentrazione dei principi attivi,alla possibile associazione con altre piante. Riportare sempre il nome e/o il tipo di prodotto utilizzato dal paziente (preparazione domestica, prodotto erboristico, integratore, galenico, ecc.), il produttore, ed in particolare la composizione completa come descritta in etichetta. Laddove vi sia una grave reazione avversa, conservare un campione del prodotto stesso per eventuali indagini di tipo qualitativo (ricerca di sostanze tossiche endogene o esogene: aflatossine, metalli pesanti, fitofarmaci, ecc.).

Vedere anche:

Bollettino d'informazione sui farmaci dell'Agenzia del farmaco

Centro di riferimento per la fitoterapia - Regione Toscana - ASL 11 Empoli

Centro Clinico Medicina Naturale
Resp. Dr. Fabio Firenzuoli
Ospedale S.Giuseppe
viale Boccaccio
Blocco H, 3° piano
50053 Empoli, Italy
Tel. (+39) 0571 7051
Fitoterapia, medicina complementare o integrata

Laura Galatti ed Achille P. Caputi, Dipartimento Clinico e Sperimentale di Medicina e Farmacologia, Università di Messina)

La popolarità della medicina alternativa o complementare è aumentata durante l'ultimo decennio.
Nel 1997 quasi il 42% della popolazione degli Stati Uniti ha usato una di queste terapie.
Prodotti erboristici, complessi vitaminici, rimedi popolari o omeopatia sono usati da circa il 25% della popolazione degli Stati Uniti.
Negli Stati Uniti, la spesa annua per i soli prodotti erboristici è valutata in oltre 4-5 bilioni di dollari.

Controllo dei prodotti erboristici
A fronte di tale crescita nel 1993 è stato sviluppato l'US Office of Alternative Medicine come parte del National Institutes of Health nel 1993.
Nel 1998, il nome è stato cambiato in National Center for Complementary & Alternative Medicine (NC-CAM) per sottolineare che molte terapie non convenzionali sono usate in associazione a quelle convenzionali, piuttosto che in alternativa.
Tra il 1993 e il 2000 il suo budget è cresciuto da 2 a 68.7 milioni di dollari.
I fini strategici che il NC-CAM si è posto nei prossimi cinque anni sono di investire nella ricerca, facilitare l'integrazione ed esercitare controlli.
Le icerche finanziate al momento includono pazienti con patologie croniche quali artrite, asma, diabete, HIV, malattie cardiache, neurologiche e psichiatriche.
Le medicine complementari e alternative sono considerate comunemente " integratori alimentari".
Il Dietary Supplement Health and Education Act del 1994 permette la loro commercializzazione a condizione che questi prodotti non siano destinati a diagnosticare, trattare, curare o prevenire qualsiasi malattia.
La Food and Drug Administration (FDA) non regola questi prodotti come fa con i farmaci e può intervenire solo dopo la commercializzazione se è il prodotto si dimostra non sicuro.
Nonostante tutto ciò, molti pazienti li usano specialmente per prevenire, trattare o curare vari disordini.
Le ragioni di tale uso sono molte fra cui l'insoddisfazione verso un trattamento convenzionale (es. scarsa efficacia, tossicità inaccettabile, alto costo), l'abilità a migliorare il controllo con la terapia, e la sensazione che questi agenti sono "naturali" e, quindi, completamente sicuri.

Sicurezza dei prodotti erboristici
Va detto chiaramente che molti prodotti erboristici possono dare effetti avversi, anche gravi, sia da soli, che quando associati a farmaci convenzionali.
Ad esempio:
  • l'iperico porta a concentrazioni sub-terapeutiche di indinavir

  • il ginko biloba causa emorragie in pazienti trattati con warfarina, la quale a sua volta interagisce con un numerosi fitoterapici.
Ciò è preoccupante perché l'80% dei pazienti che usa terapie complementari o alternative usa anche farmaci convenzionali, ma più del 70% non condivide col proprio medico le informazioni sull'uso delle terapie complementari.

Purezza dei prodotti erboristici
Molti prodotti erboristici possono non essere di alta qualità, nonostante le loro condizioni di essere "classe farmaceutica" o " soggetti a "test di qualità".
E' stata osservata una variabilità di più di dieci volte nella quantità di principi attivi in alcuni prodotti; altri non contengono alcun principio attivo. Alcuni esempi sono indicativi di ciò:
  • un integratore alimentare indicato per "la depurazione interna", che "rimuove le impurità dal tratto intestinale" e che "normalizza il pH dell'intestino per sani movimenti intestinali" ha portato a battiti cardiaci irregolari, vampate di calore, vomito e letargia.

  • un paziente di 23 anni ha avuto una concentrazione serica di digossina di 3.19 ng/mL a causa di un fitoterapico contaminato con digitalici.

  • uno studio su 260 medicinali cinesi complementari, ha dimostrato che 83 di essi (32%) contenevano prodotti farmaceutici non dichiarati o metalli pesanti (piombo, mercurio, arsenico), 23 avevano svariate sofisticazioni e solo in 14 erano specificati i principi attivi.
Alla luce delle considerazioni sopra effettuate diventa sempre più urgente:
  1. che medici, farmacisti e pazienti vengano educati sull'argomento

  2. vengano effettuati controlli accurati su tutte le preparazioni erboristiche

  3. venga sempre chiesto, durante l'anamnesi, se il paziente fa o ha fatto uso recentemente di terapie alternative o complementari.
Uno sforzo educazionale in tal senso è proposto dalla rivista The Annals of Pharmacotherapy che ha pubblicato durante il 1999 ben 13 articoli sulle terapie complementari - 7 analisi, 4 segnalazioni di casi e 2 articoli di ricerca d'indagine.
Il tutto allo scopo di far considerare la medicina alternativa o complementare come una parte della farmacoterapia e di stimolare ricerche sulla farmacoterapia alternativa.


Assunzione di fitoterapici in gravidanza e allattamento

Le conoscenze relative alla farmacocinetica ed al meccanismo d’azione di una pianta o di un suo estratto, sono generalmente molto scarse, e comunque limitate a qualche singolo componente. In generale si sa ancora molto poco sulla distribuzione delle sostanze vegetali attraverso la barriera placentare, sui possibili effetti teratogeni e sulle loro attività farmacologiche sui tessuti embrionali.
    • Sempre, ed in particolare nel 1° trimestre, l’uso di erbe medicinali e derivati, compreso quello di prodotti erboristici, dovrebbe essere evitato o comunque limitato ai casi di effettiva necessità e su prescrizione medica.

    • Le sostanze vegetali maggiormente rischiose sono gli oli essenziali (presenti anche nella propoli), e gli alcaloidi, tutte sostanze ad altissima diffusibilità e dotate di basso indice terapeutico, quindi potenzialmente tossiche per l’embrione e il feto o attive sulla contrattilità uterina, e quindi potenzialmente a rischio di aborto

    • Caffeina e nicotina, ad esempio, riducono facilmente l’irrorazione placentare e per questo in gravidanza è controindicato il fumo e l’assunzione di molti caffè, così come altre piante neuro/cardiostimolanti o neuro/cardiotossiche quali l’efedra, la noce moscata, l’arancio amaro, ecc.

    • Sono controindicate soprattutto le seguenti piante medicinali: China, Assenzio, Ruta, lassativi antrachinonici (Aloe, Cascara, Senna ecc.), Melograno, Chenopodio, Ginepro, Prezzemolo, Menta, Calamo aromatico, Cannella, Issopo, Salvia e comunque tutti gli oli essenziali in particolare quelli ricchi di chetoni. Alcune aumentano la contrattilità uterina con rischio di aborto, altre sono direttamente tossiche per il feto o l’embrione, come per esempio le piante contenenti alcaloidi pirrolizidinici (Borragine, Farfara, Consolida, Farfaraccio, Senecione, ecc.).

    • Occorre cautela anche con le piante che si dimostrano efficaci come, ad esempio, lo zenzero la cui efficacia contro nausea e vomito è stata dimostrata in uno studio caso-controllo4 e in alcuni studi randomizzati controllati

    • Confrontato con il placebo, lo zenzero determina una riduzione significativa di nausea e vomito gravidici. Data, nonostante ciò, la presenza nel rizoma di zenzero di sostanze ad attività mutagena, rimane il consiglio di evitarne l’assunzione.

    • Il Ministero della Salute ha emesso, in passato, alcuni provvedimenti restrittivi relativi all’uso di alcune erbe in gravidanza presenti in integratori: Ginkgo biloba, Citrus aurantium e Riso rosso fermentato.
Oltre al periodo della gravidanza anche durante l’allattamento occorre prestare molta cautela nell’uso delle erbe. Un recente studio norvegese10 dimostra come il 43% delle donne in questa fase ricorre a prodotti a base di erbe per aumentare la produzione del proprio latte. Le erbe più utilizzate, nonostante manchino studi che ne dimostrino l’efficacia, sono i semi di Finocchio e di Anice, coni di Luppolo, sommità di Verbena e di Galega. Alcune erbe in particolare possono alterare il sapore del latte poichè molto amare,quali la Genziana,il Lichene islandico e la China. Altre, come quelle contenenti salicilati e lattoni sesquiterpenici, possono essere invece responsabili di reazioni allergiche nel neonato. Nel latte passano anche altre sostanze attive quali fitoormoni, come ad esempio gli isoflavoni della soia. Tra le erbe di uso comune un’avvertenza in particolare riguarda la Galega (Galega officinalis), la quale si è dimostrata responsabile di effetti tossici cardio-respiratori in animali (pecore e bovini) che si sono nutriti di tale pianta. La sostanza responsabile è la galegina. Queste considerazioni, pur in assenza di eventi avversi segnalati nel neonato, spingono a sconsigliare l’uso della Galega officinalis.

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