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Evoluzione della placca acuta  
Angelo R. Massaro

Molta variabilità vi è pure nella evoluzione della placca acuta, nonostante l'uso appropriato di farmaci corticosteroidei.
Si passa da una ripresa quasi miracolosa, con ritorno alla normalità, dopo solo pochi giorni di trattamento (sono questi i casi nei quali non vi è stata demielinizzazione, ma solo infiammazione ed edema), a casi nei quali il trattamento non dà successo se non dopo parecchie settimane (sono questi i casi nei quali è necessaria la rimielinizzazione, che è un fenomeno biologico più lento rispetto alla pura riduzione dell'edema infiammatorio).
Vi sono, ahimè, rari casi nei quali la guarigione del sintomo non avviene o avviene in maniera molto ridotta (sono questi i casi nei quali gli oligodendrociti sono stati in gran parte distrutti e, con essi, buona parte delle fibre nervose).
Vi è un altro fattore molto importante che interferisce nel cammino verso la guarigione. Questo fattore è rappresentato dagli astrociti: sono cellule presenti, come gli oligodendrociti, nel sistema nervoso centrale, nel quale svolgono funzioni di essenziale importanza. Tra queste vi è pure la capacità di formare una cicatrice in luoghi del cervello che sono stati sottoposti alle lesioni più svariate (quindi non solo nella SM).
In una placca acuta di demielinizzazazione, essi, seguendo il compito per il quale sono stati programmati dalla natura, tendono a formare quella che viene chiamata "cicatrice gliale" o "cicatrice astrocitaria".
Questo evento, anche se finalizzato a scopi riparativi, è molto negativo in relazione alla rimielinizzazione, in quanto esso avviene in competizione con quest'ultima: quanto più cicatrice viene a formarsi tanto meno rimielinizzazione può avere luogo. Ancora peggio, una volta instauratasi una cicatrice gliale, non vi è, al momento, mezzo per farla regredire, ed essa stessa, poiché impedisce quella interazione biologica mielina-fibra nervosa (il termine tecnico è "assone") che è essenziale per la conservazione dell'assone in buona salute, porta lentamente alla perdita di assoni nell'ambito della placca che è stata colpita.
Entrambi questi fenomeni – cicatrizzazione e perdita assonale – vengono, alla luce delle conoscenze attuali, considerati fenomeni irreversibili.


Impostazione del problema

Da quanto molto brevemente è stato detto, appare evidente che si ha a che fare con due tipi di "placche" ben differenti tra di loro:
la placca acuta e la placca cronica, a loro volta differenziabili in un certo numero di quadri intermedi.
Di quelli relativi alla placca acuta abbiamo già in parte accennato.
Per quanto riguarda la placca cronica –vale a dire la placca che è residuata dall'evoluzione nel tempo della placca acuta, se si escludono le placche che hanno presentato completa guarigione, e che pertanto non sono più evidenziabili neppure alla RMN, si viene a creare un certo numero di quadri che spaziano tra due estremi.
Il primo è quello della placca con ottima rimielinizzazione, ma che presenta un certo grado di sclerosi astrocitaria.
L'altro estremo è quello della placca con poca o nulla rimielinizzazione e un grado marcato di sclerosi astrocitaria e di perdita assonale.
Tra questi due estremi è possibile collocare ogni tipo di situazione intermedia, che, naturalmente, darà giustificazione del grado più o meno soddisfacente o insoddisfacente della ripresa morfologica e funzionale dopo l'attacco.
Vi è però un altro fenomeno patologico che viene ad interferire nello stato di "normalità" della placca cronica:
esso è l'alterazione localizzata della barriera emato-encefalica (BEE).
A causa di fenomeni biopatologici, che sarebbe troppo tecnico e complesso riferire, questa "barriera", che separa in maniera raffinata e selettiva il sangue circolante dal cervello, viene lesa durante l'attacco acuto

– è questa lesione che provoca l'edema a cui si in precedenza accennato

– e in taluni casi, pur venendo riparata in buona parte, non giunge mai ad un ripristino completo.

Questa riparazione precaria comporta una modica e cronica trasudazione di fattori provenienti dal sangue nell'ambito della placca cronica. Alcuni di questi fattori sono tossici per la mielina e per gli oligodendrociti e si oppongono quindi alla rimielinizzazione.
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