Tra le malattie demielinizzanti non esiste solo la Sclerosi Multipla, per fare diagnosi di tale patologia vi deve essere un decorso specifico.
Le malattie demielinizzanti del sistema nervoso centrale (SNC) possono essere acquisite o ereditarie.
Malattie acquisite demielinizzanti
Leucoencefalopatie (infiammatorie, degenerative, comunque acquisite):
Encefalomieliti acute disseminate
post-infettive
post-vaccino
leucoencefalite acuta emorragica necrotizzante
Encefalomieliti tipo Sclerosi Multipla
Sclerosi Multipla
Sclerosi diffusa di Schilder
Neuromielite ottica di Devic
Encefaliti e mieliti subacute e croniche
Panencefalite Sclerosante Subacuta
Malattia di Lyme
Panencefalite Progressiva da Rosolia
Le malattie ereditarie metaboliche, in cui la disfunzione nella formazione della guaina mielinica dipende da fattori genetici, si dicono dismielinizzanti.
La Sclerosi Multipla è la più frequente malattia demielinizzante acquisita del SNC.
Nella SM il sospetto diagnostico si basa su sintomi vaghi, che possono essere comuni a numerose
altre malattie. Prima di giungere a una diagnosi certa, quindi, può
passare anche molto tempo. La diagnosi di sclerosi multipla non è
mai semplice sia per la presenza di sintomi spesso vaghi, transitori
e difficili da riferire al medico, sia per l'assenza di esami diagnostici
di certezza.
Il medico specialista di riferimento per la diagnosi della malattia
è il neurologo.
Lo screening completo della Sclerosi Multipla prevede : la Risonanza
Magnetica Nucleare (RMN), i Potenziali Evocati (PE), l'esame del liquor
(puntura lombare).
Risonanza magnetica nucleare (RMN)
L'RMN è un test di recente utilizzazione, che permette di ottenere immagini
dettagliate del cervello e del midollo, evidenziando ogni eventuale
area che presenti lesioni o placche. Nonostante si tratti dell'unico
test in grado di evidenziare le lesioni da sclerosi multipla, non può
rappresentare lo step conclusivo dell'indagine diagnostica. Questo esame,
infatti, ha il difetto di non riuscire a evidenziare tutte le possibili
lesioni cerebrali. L'RMN può con certezza stabilire le dimensioni, la
quantità e la distribuzione delle lesioni registrate, ma non può far
escludere con assoluta certezza l'assenza di ulteriori danni cerebrali.
Ad ogni modo l'RMN rappresenta già un indicatore molto significativo
verso la conferma di diagnosi. Le placche sono visibili come zone iperintense
nelle immagini T2 pesate. Si localizzano soprattutto nella sostanza
bianca del centro semiovale, peduncoli cerebellari, midollo spinale.
Le placche in fase attiva, sede di flogosi e di alterazione della barriera
ematoencefalica, captano il mezzo di contrasto (gadolinio). Può
essere presente edema perilesionale.
Immagini ottenuta con RM della
stessa sezione del cervello a intervalli mensili. I punti chiari
indicano lesioni attive.
Test di evocazione dei potenziali
visivi, uditivi e sensoriali
In caso di demielinizzazione, il malato subisce un'alterazione e un
rallentamento nella trasmissione dei "messaggi" lungo i nervi. Tramite
appositi test è possibile verificare il tempo che occorre al cervello
del paziente per ricevere, leggere e interpretare i messaggi nervosi
(conduzione della velocità nervosa). L'esame avviene per mezzo di piccoli
elettrodi, che, una volta posizionati, permettono
di monitorare le onde cerebrali in risposta agli stimoli: in caso di
demielinizzazione il tempo di reazione, invece di essere immediato (come
dovrebbe essere nella norma), avviene in ritardo.
potenziali evocati visivi (PEV)
nervo ottico- alterati nel 70%
potenziali evocati acustici (BAEP)
nervo vestibolo-cocleare- alterati nel 50% dei pazienti
potenziali evocati somatosensoriali
(SEP) cordoni posteriori del midollo spinale- alterati
nell'80% dei pazienti
Si tratta di tests non invasivi e indolori e, pertanto, non richiedono
il ricovero ospedaliero.
Puntura lombare
Tramite un sottilissimo ago (e dopo la somministrazione locale di un anestetico)
si preleva dal midollo spinale una piccola quantità di fluido in uno spazio
intravertebrale. Scopo di questo esame è di verificare la presenza di
anticorpi all'interno del fluido cerebrospinale (fluido che corre lungo
il midollo spinale, fino al cervello). Dopo la puntura, il paziente è
tenuto a riposo a letto per diverse ore e, pertanto, può essere richiesta
una permanenza in ospedale per una notte. L'esito di questo esame, se
positivo indica presenza di Proteinorrachia con
bande oligoclonali di IgG. Aumenta ancora di più l'evidenza di
una diagnosi, ma non è ancora sufficiente a stabilire con certezza la
presenza o meno di sclerosi multipla.
La visita neurologica
La visita neurologica è un insieme di manovre che il medico fa compiere al paziente per evidenziare eventuali disturbi delle funzioni esaminate.
Una diagnosi precisa non può da un'accurata anamnesi e da un attento esame clinico del paziente.
Importanti elementi per orientare la diagnosi oltre l'età e il sesso, sono le modalità di esordio del disturbo e l'eventuale andamento nel corso del tempo
Sclerosi Multipla, diagnosi con un prelievo di sangue
Presto la Sclerosi Multipla potrà essere diagnosticata e monitorata attraverso
un semplice prelievo di sangue, un metodo poco invasivo e soprattutto
più economico dell'esame effettuato attraverso la risonanza magnetica.
Questa nuova opportunità di diagnosi è frutto di un progetto condotto
dall'università Federico II di Napoli in collaborazione
con l'università di Firenze. Il nuovo metodo diagnostico
per la Sclerosi Multipla si basa sui risultati di una scoperta, fatta
sempre dai due atenei, i cui dati sono stati pubblicati nel luglio
del 2005 in una fra le più prestigiose riviste scientifiche internazionali,
il PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences of the United
States of America). I ricercatori avevano individuato e studiato una particolare
molecola di sintesi, il glicopeptide CSF114 (Glc), dalla cui analisi è
possibile rilevare la presenza di anticorpi coinvolti nel meccanismo che
determina la patologia. Tali anticorpi, presenti nel sangue dei pazienti
con sclerosi multipla, riconoscono specificamente la guaina mielinica
del sistema nervoso centrale umano. La molecola li identifica e fornisce
informazioni sul decorso della malattia, consentendo ai medici di intervenire
con terapie che ne ritardino la progressione. MS Pepkit,
questo il nome del kit diagnostico, sarà commercializzato, su licenza,
da un'importante azienda americana, la IMMCO Diagnostics, azienda leader
nella diagnostica delle malattie autoimmunitarie con sede a Buffalo (USA).
Attualmente si sta attendendo l'approvazione da parte della Food and Drug
Administration, il metodo diagnostico non può quindi essere usato su larga
scala anche se, presso la stessa IMMCO, il kit comincerà ad essere impiegato
come prodotto di ricerca, il lancio sul mercato è previsto per il 2007.
Il progetto è coperto da un brevetto internazionale, il contratto che
regolamenterà la distribuzione del nuovo test diagnostico per la Sclerosi
Multipla è stato firmato in questi giorni dal rettore dell'ateneo fiorentino
Augusto Marinelli e dal presidente di IMMCO Diagnostics Vijay Kumar. La
molecola CSF114 (Glc) è quindi un importante strumento a disposizione
dei medici non solo nella fase di diagnosi, ma anche per il monitoraggio
della Sclerosi Multipla. Quest'importante scoperta, oltre alle ricadute
applicative per l'osservazione dell'andamento della malattia, apre le
porte alla comprensione dei meccanismi della Sclerosi Multipla in cui
le proteine contenenti zuccheri giocano un ruolo chiave. Prima di ritenere
questo nuovo metodo di diagnosi valido, i ricercatori hanno condotto numerosi
esperimenti fin dal 2001. Il kit è stato sperimentato su oltre 500 campioni
di sangue prelevati da 400 pazienti, 70 dei quali sono stati seguiti per
due anni.
Criteri diagnostici per la Sclerosi Multipla (Mc Donald, 2001)
Un comitato di esperti internazionali, guidato dal professor Ian Mc Donald,
Presidente del Comitato Scientifico internazionale della MSIF e membro
del Royal College of Physicians britannico, ha proposto i nuovi criteri
diagnostici per la SM in sostituzione dei vecchi criteri di Poser.
La “disseminazione spazio-temporale”, ovvero la presenza
di sintomi e segni di disfunzione neurologica attribuibili a lesioni
in sedi diverse del sistema nervoso centrale (SNC) formatesi in momenti
successivi, è l’aspetto più caratteristico della SM
«Lei ha la Sclerosi Multipla»: i medici imparano a dirlo
Comunicare la diagnosi di una malattia grave e invalidante come la Sclerosi Multipla richiede competenze specifiche di cui i medici sentono sempre più la necessità.
Nel corso del 2005 nell’ambito del progetto internazionale “A structured
information interview for people with newly diagnosed multiple sclerosis"
finanziato dalla National Multiple Sclerosis Society (società
USA per la sclerosi multipla) sono stati organizzati tre focus group*
sulle esperienze delle persone con sclerosi multipla e del personale sanitario
che le ha in cura. Oggetto dei focus group era la comunicazione della
diagnosi.
I risultati di questo studio sono in pubblicazione su
una rivista medica del settore; di seguito è proposto un breve riassunto
dei risultati che sottolineano la necessità di continuare a lavorare su
questo tema per superare gli ostacoli e le difficoltà che ancora incontrano
sia i pazienti stessi sia il personale sanitario che gestisce in prima
persona la comunicazione.
Hanno partecipato ai focus group 23 persone con sclerosi
multipla, diverse per provenienza geografica, età, sesso, professione,
tempo dalla diagnosi di sclerosi multipla e situazione clinica. Il personale
sanitario - neurologi, psicologi ed infermieri - coinvolto da anni nella
comunicazione della diagnosi di sclerosi multipla proveniva da sei centri
italiani dedicati alla malattia: Fondazione IRCCS Carlo Besta Milano,
Istituto San Raffaele Milano, Clinica Neurologica Genova, Divisione Neurologica
Macerata, Clinica Neurologica Bari, Clinica Neurologica Cagliari.
Oltre a descrivere la propria esperienza, ai partecipanti
è stato chiesto espressamente di individuare i contenuti e temi rilevanti
al momento della comunicazione della diagnosi.
Attraverso una sintesi dei risultati si propone un elenco delle modalità più utili per la comunicazione della diagnosi.
Le informazioni fornite devono essere “su misura”
per rispondere alla situazione e ai bisogni del singolo. I contenuti
e l’ordine di presentazione devono essere decisi a partire dalla storia
e dalla situazione presente della persona, ad esempio rispetto a impegni
lavorativi e familiari. Questi aspetti devono essere conosciuti in
anticipo dal neurologo curante.
Un inquadramento generale della malattia è considerato
utile, seguito da informazioni più specifiche, che però devono escludere
tematiche non rilevanti per la situazione individuale.
Alcuni aspetti nodali quali i meccanismi alla base
della malattia, i sintomi e le forme cliniche più comuni vanno discussi
sempre, incluso il fatto che una prognosi anticipata non è possibile.
Il linguaggio deve essere semplice, diretto e adatto
alla situazione specifica. Il gergo medico, i sinonimi e gli eufemismi
riducono la comprensione e vanno evitati.
Il flusso delle informazioni non dove andare in una sola
direzione (sempre dal medico al paziente). Il medico deve incoraggiare
la persona a porre domande e verificare che le informazioni fornite
siano state comprese.
I punti di maggiore importanza vanno sottolineati e ripresi
più volte con espressioni diverse. Prima della fine dell’incontro
è meglio ripetere i punti principali, dando nuovamente al paziente
la possibilità di fare domande.
Il personale sanitario ha riconosciuto la necessità
di evitare il pessimismo e fornire spazi di speranza, dando in ogni
caso informazioni realistiche. La diagnosi di sclerosi multipla può
provocare incertezza, preoccupazione e ansia, che possono essere contenute
fornendo informazioni appropriate.
Le condizioni pratiche in cui avviene il colloquio (definite in
inglese come “setting”) devono garantire riservatezza, tempo e supporto
anche di altre professionalità, se richiesto.
Il momento informativo della diagnosi non deve essere un
evento a sé stante, ma è parte di un percorso integrato che deve garantire
continuità.
Per concludere va sottolineato come
l’attuazione di queste raccomandazioni abbia implicazioni che vanno
ben oltre il miglioramento della relazione “medico-paziente”, coinvolgendo
aspetti organizzativi e strutturali più ampi, che vanno dalla disponibilità
del tempo e degli ambienti idonei, alla continuità della cura ed alla
presenza di un riferimento certo. Questi contenuti sono del resto in
accordo con le recenti linee guida sulla diagnosi di sclerosi multipla
ed è auspicabile la loro applicazione.
Un focus group è un metodo di ricerca qualitativa in cui un gruppo di
persone, riunite in una stanza, partecipa alla discussione su un determinato
argomento, ad esempio la comunicazione della diagnosi. Un moderatore
guida la discussione del gruppo seguendo una traccia di discussione
concordata ad hoc prima dell’inizio del focus group. Il gruppo di partecipanti
è selezionato per essere pertinente al tema oggetto di discussione;
tutti i partecipanti sono liberi di comunicare ed interagire con gli
altri membri del gruppo. Nel gruppo ci sono solitamente una decina di
partecipanti e la sessione dura solitamente tra 1 e 2 ore.
Nicola Acquarone, Dipartimento Organizzazione
e Sviluppo, Provincia di Genova
Andrea Giordano e Alessandra Solari, Unità di Epidemiologia, Fondazione
IRCCS Carlo Besta, Milano
Il test ematologico permette già dopo il primo evento di predire l’evoluzione della SM?
Il 90% delle/dei pazienti come
primo indizio della propria SM
ha una sindrome neurologica clinica
isolata (CIS – clinically isolated
syndrome) che si manifesta
p.es. con una neurite ottica o un’alterazione
della sensibilità. Il 30%
di questi pazienti ha un altro episodio
nei 12 mesi successivi e solo
allora riceve la diagnosi di SM
clinicamente definita. Per i pazienti
con una prima manifestazione
di SM sarebbe di grande utilità un
test che fornisca indicazioni sul
prevedibile decorso della malattia.
In un recente studio austriaco
su persone con SM all’esordio
si è esaminato se la presenza di
anticorpi anti-mielina specifici
(MOG e MBP) fornisca elementi
prognostici sull’ulteriore andamento
della malattia.* Tutti i 103
pazienti del collettivo esaminato
presentavano alterazioni tipiche
alla risonanza magnetica per immagini
(MRI) e un esame del
liquor positivo. Nel corso della
diagnosi, si è cercata la presenza
di anticorpi anti-MOGe anti-MBP
nel sangue dei pazienti che, in
seguito, sono stati sottoposti a
regolari esami neurologici.
Dallo studio è emerso che i
pazienti con anticorpi anti-MOG
e anti-MBP al momento del primo
episodio erano colpiti con maggior
frequenza e più presto da un
secondo attacco di SM rispetto
ai pazienti senza anticorpi. Per la
prima volta si può quindi parlare
di un test ematologico predittivo
dell’evoluzione della malattia, cioè
di un fattore che già all’esordio di
una sintomatologia da SM riveli
qualcosa sul probabile ulteriore
sviluppo (fino all’eventuale diagnosi
definitiva).
Accanto al reperto MRI ed all’esame
del liquor, il test potrà
contribuire sin dalla comparsa del
primo epsodio della malattia a distinguere
i pazienti con alto rischio
di sviluppare una SM definitiva da
quelli con un rischio più debole.
Dato che oggi si raccomanda di
avviare al più presto possibile la
terapia con farmaci modulatori
del decorso, questi risultati sono
di grande interesse.
Il test rapido, non molto costoso
e preciso può contribuire in
larga misura a far decidere se si
debba incominciare una terapia.